Unioni civili, contesto e nuove regole – InTema n. 6

Dopo una storia ormai decennale di proposte di legge poi saltate. Dopo le polemiche a ogni mezzo stampa, i senatori scatenati in fantasia e assurdità degli emendamenti, dopo il colpo di scena dei 5 stelle; dopo lo stralcio della parte sulle adozioni; dopo i 5739 emendamenti, i verdiniani che entrano ufficialmente nell’area di sostegno alla maggioranza, gli alfaniani che ribadiscono che la fedeltà, per le coppie sposate, è un obbligo di legge. E, in caso, dopo il voto definitivo alla camera, che dovrebbe avvenire, forse con ricorso alla fiducia, tra il 5 e il 9 maggio, in concreto cosa cambia? Vediamo punto per punto, e poi esploriamo il contesto nazionale e europeo in cui la normativa si inserisce. 

Il disegno di legge Cirinnà arriva alla camera strutturato in un solo articolo diviso in 65 commi. La proposta di legge è articolata in due parti principali: dal comma 1 al 35 disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso; dal comma 36 al 65 regola invece le convivenze di fatto, che possono essere stabilite tra coppie sia omosessuali sia eterosessuali. Gli ultimi 4 commi del testo sono invece dedicati alla copertura finanziaria del provvedimento.

  • Sarà possibile sposarsi per le coppie dello stesso? No. Però sarà possibile contrarre un’unione civile, che avrà caratteristiche simili a quelle del matrimonio, con alcune differenze.
  • Unioni civili e convivenze di fatto non sono la stessa cosa. Le unioni civili riguardano solo le coppie omosessuali mentre le convivenze sono registrabili all’anagrafe indipendentemente dal genere dei partner. Con i due istituti familiari non si acquisiscono gli stessi diritti. Per esempio i conviventi non avranno diritto ai vantaggi fiscali e previdenziali disponibili per le coppie sposate e per le unioni civili.
  • Sarà possibile, per una coppia omosessuale sposata all’estero trascrivere il matrimonio in Italia? Rimangono da stabilire, entro sei mesi dall’approvazione della norma, tramite appositi decreti attuativi le regole per la trascrizione di matrimoni omosessuali contratti all’estero (comma 28 lettera b).
  • In cosa consiste un’unione civile? I diritti e i doveri connessi all’unione civile sono stabiliti dall’art. 11, che recita:

“Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.

Si tratta nella sostanza delle stesse indicazioni contenute nell’art. 143 del codice civile sul matrimonio. Le unioni civili sono dunque molto simili al matrimonio, ma presentano alcune novità. Per esempio la cancellazione dell’obbligo di fedeltà, che dunque non riguarda le unioni civili ma rimane valido per gli sposi. I partner nel registrare la propria unione devono indicare una residenza comune e possono scegliere il regime patrimoniale della coppia (comunione o separazione dei beni). Come per il matrimonio, il comma 13 stabilisce infatti che il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, ma si può scegliere di tenere separati le proprietà dei singoli. Mentre il comma 21 estende alle unioni civili il riconoscimento dei diritti di successione. Inoltre il cognome dell’unione civile può essere stabilito di comune accordo  e ciascuno dei partner potrà scegliere se accettare il cognome dell’altro, e in caso se anteporlo o posporlo al proprio. L’altra grande differenza con i diritti delle coppie sposate è la possibilità di adottare. 

  • Sarà possibile per due uomini o due donne adottare un bambino? No. L’Italia rimane nel gruppo di paesi dove le adozioni non sono consentite alle coppie di persone dello stesso sesso (si veda la tabella di seguito).
  • Sarà possibile adottare il figlio del partner? Sì, come già succedeva in passato, ma senza la via “diretta” e più semplice prospettata a una prima bozza del provvedimento. La cosiddetta stepchild adoption” ha sollevato molte polemiche e alla fine è stata stralciata dal testo. Ma è una possibilità che in realtà è già prevista dall’articolo 44, lettera b) della legge n. 184 del 1983, nella parte della norma sulle adozioni dedicata ai casi particolari. In effetti se ne trovano già diversi esempi nella giurisprudenza, anche se uno specifico passaggio normativo avrebbe forse velocizzato questo tipo di interventi.
  • Le convivenze di fatto potranno essere riconosciute? Sì, come già avveniva prima del ddl Cirinnà, che riprende il concetto di famiglia anagrafica stabilito dal d.p.r 223 del 1989. Ai conviventi vengono estesi alcuni diritti dei coniugi in caso di malattia, carcere o morte di uno dei due . La novità forse più interessante sotto il profilo giuridico è l’introduzione del “contratto di convivenza“, con cui i conviventi possono regolare, del tutto liberamente, gli aspetti patrimoniali relativi alla loro vita in comune (commi 50-63). Il contratto deve essere scritto e autenticato, deve essere trasmesso al comune di residenza e ha tutte le caratteristiche degli accordi privati, per cui potrà essere modificato o sciolto in qualsiasi momento.
  • Quali diritti acquisiscono le coppie di fatto stabilmente conviventi? Anche loro avranno il diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in ambito sanitario, con la possibilità di designare l’altro come proprio rappresentante o di prendere decisioni in caso di incapacità di intendere e di volere o di morte (per esempio per la donazione degli organi). Si ribadisce inoltre per i conviventi il diritto alle visite in carcere, già previsto dall’ordinamento penitenziario.

Sono inoltre riconosciuti alcuni diritti in merito alla casa dove si stabilisce la convivenza. In caso di morte del convivente proprietario della casa, e in mancanza di specifici accordi, il superstite può rimanere per due anni o per la durata della convivenza se questa è stata registrata per più tempo, ma massimo cinque anni. Se sono presenti figli minorenni del convivente deceduto si può rimanere per tre anni. Se invece si stava in affitto, il superstite può succedergli nella conduzione del contratto.

I conviventi avranno inoltre gli stessi titoli delle coppie sposate nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di edilizia popolare (comma 45). Infine dal comma 50 al 63 si disciplina la possibilità, per i conviventi, di stipulare tra loro un contratto di convivenza con cui stabilire i propri rapporti patrimoniali. Il contratto deve essere scritto, e deve essere un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, e può essere sciolto, tra le varie possibilità, per comune accordo o per recesso unilaterale.

  • Per i partner di un’unione civile o di una convivenza di fatto è previsto il versamento degli alimenti? Simile al matrimonio anche la disciplina in caso di scioglimento delle unioni civili . Come per il divorzio, il giudice può riconoscere un assegno di mantenimento in favore del partner incapace di sussistenza. Anche per i conviventi, in caso di rottura dell’unione, è prevista la possibilità di riconoscere il pagamento degli alimenti alla persona che non possa provvedere da sé (come previsto dall’articolo 438 del codice civile). Ma l’entità del versamento sarà da stabilire in base alla durata della convivenza.
  • È prevista la reversibilità della pensione? Per le unioni civili sì, ma non per le convivenze di fatto. Il comma 20 estende diritti e doveri delle coppie sposate (a eccezione delle adozioni), compresa la pensione di reversibilità, di cui infatti si valuta la copertura finanziaria. Inoltre per le unioni civili, in caso di morte di un partner lavoratore, è previsto il versamento al superstite del tfr e dell’indennità da parte del datore di lavoro. I conviventi invece non acquisiscono il diritto alla reversibilità.

Il contesto italiano

La materia riguarda un numero non indifferente di famiglie e unioni. Le statistiche ufficiali registrano evidenti cambiamenti nella società. In Italia le coppie conviventi non sposate sono un milione e 95mila , secondo l’ultimo dato Istat disponibile (2014). E l’andamento nel tempo è chiaramente crescente. 
Costante l’aumento anche delle nascite fuori dal matrimonio: oltre un nato su 4 nel 2014. In termini assoluti si parla di 138.680 bambini (solo nel 2014).

Mentre il dato in calo costante è quello dei matrimoni, in parte spiegabile con decenni di denatalità, ma comunque confermato dal tasso di nuzialità (numero di matrimoni per 1000 persone) diminuito del 25% per le fasce di età più giovani rispetto al 2008.

Le famiglie ricomposte sfiorano il milione (997mila nel 2014) , e anche qui l’andamento è in crescita (solo tre anni prima, nel 2011, erano 110mila di meno) . Pesa soprattutto su di loro, e sulle coppie omosessuali, la mancata regolamentazione dell’adozione del configlio. Non ci sono però stime aggiornate e ufficiali del numero di coppie omosessuali conviventi stabili e dei bambini coinvolti.

Il costo delle nuove norme

Le unioni civili, pur non identiche, ricalcano in larga parte l’istituto matrimoniale. E avranno dunque un costo per la finanza pubblica. E infatti gli ultimi 4 commi del ddl Cirinnà si occupano della copertura finanziaria per le nuove norme.

Secondo la relazione tecnica della commissione bilancio, nei prossimi anni 67.000 coppie aderiranno ai trattamenti previdenziali e fiscali ad oggi previsti solo per i coniugi. Questo vorrà dire che aumenteranno le richieste di detrazioni irpef, assegni per il nucleo familiare e pensioni di reversibilità.

La stima delle 67.000 coppie è basata sul dato rilevato in Germania, paese comparabile per situazione demografica all’Italia e dove le regole vigenti sono simili a quelle del ddl Cirinnà. La stima è riferita a un futuro prossimo, il 2025, in cui la legge sarà entrata a pieno regime.

Il costo pubblico delle unioni civili è stimato in 3,7 milioni solo per il 2016 , e man mano andrà ad aumentare fino a raggiungere i 22,7milioni di euro nel 2015. Un dato che in qualche modo esprime la misura della disparità di trattamento finora in atto.

Nella tabella sono riportati gli oneri complessivi stimati per l’attuazione del provvedimento (in milioni di euro).

 2016201720182019202020212022202320242025
Minor gettito IRPEF per detrazioni fiscali3,25,6
6,6
7,9
9,3
10,6
12
13,3
14,7
16
Maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiare0,40,6
0,6
0,60,6
0,6
0,6
0,6
0,6
0,6
Maggiori prestazioni pensionistiche di reversibilità0,10,5
0,8
1,3
1,8
2,5
3,2
4
5
6,1
Totale3,76,789,811,713,715,817,920,322,7

Delle 67mila coppie stimate per il 2015, 30mila si pensa che richiederanno la reversibilità della pensione. Non è al momento quantificato il maggiore introito generato dal contributo dovuto in sede giudiziaria per lo scioglimento delle unioni civili.

Non sono invece stimati costi per le amministrazioni comunali, per le quali non sono previste dotazioni aggiuntive di personale o di strumenti. A loro compete di organizzare gli appositi registri (e in 250 comuni sono già presenti, specifica la relazione tecnica), mentre per le operazioni di iscrizione e rilascio del certificato le coppie dovranno pagare una marca da bollo di 16,52 euro per ciascuna pratica.

I soldi necessari, specifica il ddl, saranno presi  dal fondo per interventi strutturali di politica economica (cap. 3075 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze) e dal fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze relativo al bilancio triennale 2016- 2018. La relazione tecnica specifica però che è ancora da verificare la disponibilità nel primo fondo, mentre conferma quella del secondo.

Invece, nessuno degli aspetti trattati per le convivenze comporta costi per la finanzia pubblica . 

Il contesto europeo

Solo 7 paesi su 28 dell’Unione europea che ancora non hanno regolato né le unioni civili o il matrimonio fra persone dello stesso sesso, né le convivenze: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Italia. Anche in caso di approvazione del ddl Cirinnà, il nostro paese non farà parte del gruppo che consente la stepchild adoption, norma stralciata dal testo della legge prima del voto al senato a febbraio. Anche se in realtà questa possibilità è prevista in via straordinaria dalla legge sulle adozioni.

Per la prima volta il matrimonio per tutti, cioè disponibile anche per le coppie omosessuali, è stato introdotto Paesi Bassi, ed era il 2001. A 15 anni di distanza sono 10 i paesi europei in cui il matrimonio è riconosciuto per tutti. Per le coppie dello stesso sesso è possibile sposarsi in Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Danimarca, Portogallo Lussemburgo, e da novembre 2015 anche in Irlanda.  A Malta è invece possibile far riconoscere il matrimonio contratto all’estero anche tra due donne o due uomini

In realtà le prime forme di regolamentazione delle unioni tra coppie gay o lesbiche risale ai primi del novecento: i primi patti di convivenza tra persone dello stesso sesso sono infatti datati 1989 e sono stati registrati in Danimarca (si veda European Family Law, volume III, a cura di Jens M. Scherpe, EE Publishing)

Nella tabella sono segnalate le diverse possibilità previste nei 28 paesi dell’Unione europea per matrimoni, adozioni, convivenze e unioni civili, secondo quanto riportato dall’associazione Ilga Europe (i dati utilizzati sono reperibili qui).

 Matrimonio per persone dello stesso sessoUnioni civiliConvivenzeAdozioneStepchild adoption
Austria
xxxx
Belgioxxxxx
Bulgaria
Ciprox
Croaziaxx
Danimarcaxxxx
Estoniax
Finlandiaxx
Franciaxxxxx
Germaniaxxx
Greciax
Irlandaxxxx
Italia
Lettonia
Lituania
Lussemburgoxxxx
Maltaxxx
Paesi Bassixxxxx
Polonia
Portogalloxxxx
Regno Unitosolo in alcune regionisolo in alcune regionixxx
Repubblica Cecaxx
Romania
Slovacchia
Sloveniaxx
Spagnaxsolo in alcune regionisolo in alcune regionixx
Sveziaxxxx
Ungheriaxx

Oltre alle unioni civili e al matrimonio in diversi paesi è possibile stabilire degli accordi tra conviventi, ma in questo caso non sono di solito previsti gli stessi doveri e gli stessi diritti garantiti dai primi due.

L’adozione alle coppie omosessuali è invece consentita in 11 paesi su 28 dell’Unione europea. A questi si aggiunge la Germania, dove le coppie dello stesso sesso non possono fare richiesta di adozione, ma possono adottare il figlio del partner (la stepchild adoption). In Irlanda la situazione è invece invertita: gay e lesbiche possono adottare, ma non è espressamente regolata l’adozione del configlio.  

Attualmente i paesi più “permissivi” su questi aspetti del diritto di famiglia sono Belgio, Francia e Paesi Bassi; in questi tre paesi per qualsiasi tipo di coppia sono previsti matrimonio o unioni civili, è possibile stringere patti di convivenza, ed è possibile adottare sia direttamente sia il figlio del partner. Invece in Spagna e Regno Unito alcune di queste possibilità hanno limitazioni territoriali. Vediamo nel resto d’Europa in quanti paesi sono regolati i principali aspetti della materia.

 

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