Comuni commissariati, quando amministrare diventa impossibile – inTema n°3

Il 3 novembre 2015 Francesco Paolo Tronca è stato nominato commissario straordinario al comune di Roma. La crisi interna del Pd romano, con la sfiducia nei confronti dell’allora sindaco Ignazio Marino, ha privato la capitale di una guida politica. Come accade in questi casi, con un decreto del presidente della Repubblica, l’ente locale è stato commissariato. Il commissario Tronca ha ora il compito di amministrare l’ente fino all’elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco, che si terrà da qui all’estate.

Quanto è avvenuto a Roma non è un caso isolato in Italia, e anzi rappresenta un elemento tipico del nostro paese. Attualmente in Italia sono più di 200 i comuni commissariati. Ma come funziona la procedura che porta allo scioglimento dell’organo eletto? Quali sono i motivi per cui un comune può essere commissariato? Quali sono le regioni italiane più colpite dal fenomeno?

La norma che regola la materia è il decreto legislativo 267 del 2000 (testo unico enti locali), nello specifico l’articolo 141 “scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali”.

I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno: a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico; b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause: 1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia; 2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;  3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;  4) riduzione dell’organo assembleare per impossibilita’ di surroga alla meta’ dei componenti del consiglio; c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.

Per schematizzare possiamo riassumere le cause di commissariamento in tre macro categorie:

1) azioni da parte del consiglio che vadano contro la legge o la Costituzione;

2) quando non si può assicurare il corretto funzionamento degli organi. Questa tipologia include tante possibilità, da quelle che coinvolgono il sindaco (dimissioni, decadenza, sfiducia o decesso) a quelle che riguardano i consiglieri (dimissioni di massa o impossibilità di surroga);

3) mancata approvazione del bilancio nei termini previsti.

A queste tre macro categorie, bisogna aggiungere una quarta eventualità, descritta sempre nel testo unico enti locali, ma all’articolo 143. Un consiglio comunale viene sciolto se “emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”. Parliamo quindi delle cosiddette infiltrazioni mafiose.

Le cause dei commissariamenti in Italia

I dati del ministero dell’interno mostrano che dal 2006 sono stati commissariati in media 170 comuni l’anno. Nel corso del tempo il fenomeno è cresciuto, passando dai 154 del 2006 ai 213 del 2013 (+38%). La crescita ha segnato una frenata nel 2014, con 145 provvedimenti adottati. A segnare la crescita degli scioglimenti è stato l’aumento dei provvedimenti collegati alle infiltrazioni mafiose. Nel 2012 sono stati sciolti 24 comuni per infiltrazioni mafiose, un +400% rispetto a 2010 e 2011 . Trend continuato nel 2013 e 2014 quando, sempre in relazione a 2010 e 2011, la crescita è stata rispettivamente del 266% e del 180%. Il decreto di scioglimento per infiltrazioni mafiose conserva i suoi effetti per un periodo da 12 a 18 mesi.

Attualmente i comuni commissariati in Italia sono 232. Principale motivo per cui un comune viene sciolto è la dimissione della maggioranza dei consiglieri comunali, come è capitato nel 36,21% dei casi, compresa la città di Roma. Seconda causa più comune sono le dimissioni dei sindaci, che attualmente hanno lasciato senza guida politica 36 città italiane. I comuni commissariati per mafia attualmente sono 14, il 6,03% del totale. Altro tema sempre molto attuale è quello dei bilanci comunali. Ben 10 amministrazioni locali (4,31%) sono state costrette a sciogliere il consiglio comunale prematuramente a causa della mancata approvazione del bilancio nei termini previsti da legge. Stessa ricorrenza per altre due cause: sindaco sfiduciato e l’impossibilità di surroga dei consiglieri dimissionari. Altri provvedimenti (con ricorrenza inferiore) sono stati promulgati per la mancanza del quorum (o delle liste dei candidati) durante le elezioni, annullamento delle elezioni, impedimento permanente del sindaco e violazioni di legge.

Record in Campania e Lombardia

Il commissariamento degli enti locali sembra essere uno dei pochi fattori che riesce a unire il nostro paese. Da nord a sud, negli ultimi 10 anni, sono più di 1.500 i consigli comunali che sono stati sciolti per vari motivi: dalle dimissione dei sindaci, alla mancata approvazione del bilancio, alle infiltrazioni di tipo mafioso. In totale, sono 16 le regioni coinvolte.

A guidare la classifica, con i dati aggregati dal 2006 al 2014, troviamo la Campania, con 271 comuni commissariati. Poco dietro la Lombardia (218) e la Calabria (197). Fra le 16 regioni coinvolte, le ultime tre sono Marche (31), Sicilia (20) e Umbria (17). Se in media ogni anno nel periodo analizzato venivano commissariati circa 170 comuni, il record annuale è della Lombardia, con 43 enti locali coinvolti nel 2013, dato più alto nel territorio nazionale dal 2006. Il secondo dato annuale registrato è quello della Campania, che nel 2012 registrava 39 provvedimenti. L’Umbria, regione che ha il dato complessivo più basso a livello nazionale dal 2006 al 2014, è rimasta “immacolata” per ben due anni di fila (2011 e 2012), unico esempio nella storia recente.

 

 

Enti pluricommissariati: quando il comune ci ricasca

I provvedimenti di scioglimento dei comuni italiani possono essere considerati indicatori dell’efficienza politica delle amministrazioni locali. Da nord a sud, ci permettono di capire quale sia il grado di stabilità politica dei governi comunali. Non sempre, infatti, portare a termine una consiliatura è un obiettivo alla portata di tutti. A questo proposito, nel rapporto del ministero dell’interno, uscito a maggio e dedicato agli enti locali sciolti in Italia, si legge:

“Dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2014, sono stati sciolti in Italia n. 852 consigli comunali, che rappresentano l’11,5% del totale dei comuni interessati (7.090, per l’esclusione dei comuni delle regioni Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sardegna, non interessate dal fenomeno), con una incidenza percentuale di popolazione pari al 25,5%.”

Se l’Italia è coinvolta da nord a sud in maniera abbastanza uniforme, anche a livello demografico non sono molte le differenze. I comuni sciolti compresi nella fascia demografica fino a 3.000 abitanti sono 34,5% del totale, seguita da quella da 3.001 a 10.000 abitanti (29,3%) e da quella da 10.001 a 30.000 abitanti (24,5%).

Proprio perché il fenomeno è così comune, quello che forse colpisce di più sono i casi di ricorrenza. Dei 852 casi analizzati dal 2010 al 2014, il 7,3% dei comuni è stato sciolto più di una volta. Sono più di 60 le amministrazioni locali che nel giro di soli cinque anni sono passate sotto il controllo di un commissario straordinario più di una volta. Qui ovviamente i dati regionali fanno la differenza, e infatti il fenomeno delle ricorrenze coinvolge “solo” 12 delle 20 regioni italiane. In Campania il 16,2% dei comuni commissariati è stato sciolto più di una volta nel giro di 5 anni e, in alcuni casi, persino 3 volte. Dato simile in Toscana, nelle Marche e in Calabria, dove le percentuali raggiungono rispettivamente il 12%, l’11,1% e il 10,8%.

Comuni commissariati, quando amministrare diventa impossibile

Mentre è evidente che il fenomeno dei comuni sciolti a livello generale coinvolge tutta l’Italia da nord a sud, è importante sottolineare che le differenze sono molte quando si entra nel dettaglio. Per fare un esempio, prendendo le tre regioni che dal 2010 al 2014 sono state protagoniste di più provvedimenti (Campania, Lombardia e Calabria), le differenze nei dati sono sostanziali, e non di poco conto. In Calabria e in Campania rispettivamente il 29,7% e il 7,8% dei comuni commissariati è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, la percentuale scende all’0,8% in Lombardia. Colleghiamo questo dato a due elementi già considerati. In primis le regioni del nord, per quanto spesso abbiano numeri assoluti relativamente alti, quando si considera la reale incidenza percentuale sul territorio regionale, il fenomeno viene fortemente ridimensionato. Inoltre i casi di ricorrenze (quando un comune viene sciolto più di una volta nel giro di cinque anni), sono molto più comuni al sud, piuttosto che al nord.

 

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