Perché la riforma del senato non funziona

Sui cambi di gruppo si prospetta la solita soluzione parziale. Inoltre si aumenta il potere delle commissioni senza però migliorare di una virgola la mancanza di trasparenza che le caratterizza. E non si capisce perché in un sistema bicamerale perfetto i due rami abbiano regolamenti diversi. 

Il senato ha approvato la riforma del regolamento interno, fortemente voluta dal presidente Pietro Grasso. Già prima dell’estate entrambi i presidenti di aula avevano sottolineato la necessità di affrontare il tema. In extremis ieri il senato ha dato il via libera al testo di riforma organica, che affronta vari aspetti della vita parlamentare tra cui le proposte di iniziativa popolare, le fasi dell’iter legislativo, il tempo degli interventi in aula. Inoltre sono stati riformati gli articoli 34, 35 e 36, che riguardano l’assegnazione dei disegni di legge alle commissioni, e l’articolo 14, che regola i gruppi parlamentari.

Cosa dice la riforma sui cambi di gruppo

Nel tentativo di limitare il fenomeno dei cambi di gruppo, sono state apportate le seguenti modifiche:

  1. Non sarà possibile la formazione di nuovi gruppi parlamentari che non abbiano partecipato alle elezioni politiche;
  2. Se più partiti o movimenti politici hanno presentato alle elezioni liste congiunte di candidati, usando un contrassegno unico, può essere costituito un solo gruppo, che li rappresenti tutti;
  3. È stata abolita la possibilità di creare gruppi “sotto soglia”, cioè con meno del numero minimo di membri necessari da regolamento, che per il senato è 10. Eccezione verrà fatta solo per le minoranze linguistiche (riconosciute dalla legge), per cui la soglia scende a 5;
  4. Cambiare gruppo vorrà dire anche perdere il posto in consiglio di presidenza o ai vertici delle commissioni.

Cosa dice la riforma sulle commissioni

Altro aspetto fondamentale della riforma riguarda i disegni di legge. Questi di regola, secondo il nuovo articolo 34, saranno assegnati in sede deliberante o in sede redigente alle commissioni. Nel primo caso il testo di legge verrà trattato solo in commissione, escludendo il passaggio in aula, mentre nel secondo caso il passaggio in aula sarà previsto solo per il voto finale. Eccezione verrà fatta solamente per le proposte in materia costituzionale, elettorale, per le leggi delega, le conversioni dei decreti legge, le ratifiche dei trattati internazionale e l’approvazione di bilanci. In sostanza viene dato molto più potere alle commissioni, con l’intento di velocizzare l’iter legislativo.

Cosa non va

La riforma però probabilmente creerà diversi problemi. A partire dai cambi di gruppo: la soluzione proposta sembra essere troppo draconiana, e sopratutto poco realistica. Proibire la nascita a gruppi parlamentari che non hanno partecipato alle elezioni politiche non considera la possibilità (molto probabile) che sorgano in corso di legislatura nuove dinamiche e realtà politiche. Questa norma nell’attuale legislatura avrebbe proibito la nascita di movimenti come il Nuovo centrodestra (poi Alternativa popolare) e Articolo 1-Mdp, derivati dalla scissione interna di due dei principali movimenti politici del nostro paese: l’ex Popolo delle libertà e il Partito democratico. Realtà nate a seguito dei forti scontri parlamentari che hanno cambiato la maggioranza di governo e lo scenario politico nazionale. 

In futuro, in base alla nuova regola, tutti i senatori transfughi “senza casa” dovranno entrare nel gruppo Misto, che così si appresta a diventare una babele parlamentare. A differenza di quanto avviene alla camera, le componenti del gruppo Misto del senato non sono regolamentate, e non ci sono numeri minimi necessari per poterne crearne una. Nell’attuale gruppo Misto del senato ci sono numerose componenti composte da un solo senatore: Movimento la Puglia in Più, Liguria Civica, Movimento X e altri. Nella prossima legislatura è prevedibile che questa dinamica esploda, e che ci sarà un proliferare di micro componenti all’interno del Misto. Il valzer parlamentare così si trasferirà nel gruppo Misto, dove i senatori cambieranno componente in completa libertà. I cambi di gruppo andrebbero regolamentati meglio, non disincentivati. L’intento dovrebbe essere quello di rendere più comprensibili fasi, processi e decisioni politiche, e non rintanare il fenomeno nel gruppo Misto. 

Anche la riforma delle commissioni sembra avere dei limiti. Dare più poteri alle commissioni permanenti è giusto, ma farlo in questo modo crea un grosso problema: la mancanza di trasparenza. Attualmente, come denunciamo da tempo con la campagna #ParlamentoCasadiVetro, le commissioni parlamentari sono luoghi oscuri e di quanto vi avviene trapela molto poco. Per esempio né il resoconto integrale, né le votazioni elettroniche sono la norma nelle commissioni parlamentari. Questo vuol dire che dei disegni di legge approvati in sede deliberante in questa legislatura (qui un esempio) non è disponibile il voto finale. Abbiamo un semplice resoconto sommario, in cui ci viene comunicato che il testo è stato approvato. Non è corretto trasferire poteri alle commissioni, se queste continuano a essere un luogo non trasparente. Una maggiore capacità legislativa delle commissioni, doveva risultare anche in una migliore pubblicità dei lavori.

Il nostro finto bicameralismo perfetto

Infine un problema sempre più evidente è il fatto di avere due regolamenti differenti per camera e senato. Non si tratta più di discrepanze puramente procedurali, ma di testi che considerano eventualità politiche e legislative diverse. La prossima legislatura avrà un bicameralismo perfetto in cui i gruppi potranno formarsi in un ramo e non nell’altro, in cui l’approvazione di un testo di legge al senato passa nelle commissioni mentre alla camera per l’aula. Non ha senso apportare delle riforme così importanti alle procedure parlamentari se riguardano un solo ramo. È giusto cercare di migliorare i lavori dell’aula, ma cambiare le cose in questo modo non tiene in considerazione la forma costituzionale del nostro parlamento.

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