Ventottesimo voto di fiducia per il governo Gentiloni

Ieri l’esecutivo ha blindato il decreto fiscale, ponendo e ottenendo la ventottesima questione di fiducia su un disegno di legge in discussione in parlamento. Lo strumento è stato usato 104 volte a partire dalle elezioni del 2013: in media due al mese. Di più che nella scorsa legislatura. Dopo il record del rosatellum bis con i suoi 8 voti di fiducia, ieri il governo a Palazzo Madama ne ha incassato un altro. Oggetto del dibattito è stato il decreto fiscale che ora entro 28 giorni deve essere convertito in legge dalla camera.

Per la squadra Gentiloni si tratta della 28° fiducia da quando si è insediato, 17 proprio a Palazzo Madama, dove i numeri della maggioranza sono più risicati, e 11 alla camera. Con 11 mesi di governo alle spalle, lo strumento è stato utilizzato 2,55 volte al mese, la seconda media più alta fra gli ultimi 5 governi della XVI e XVII legislatura.


L’incidenza delle fiducie sulle leggi continua a essere molto alta. Considerando i 56 testi approvati e pubblicati in gazzetta ufficiale, in media per la metà (il 50%) è stato necessario un voto di fiducia. Dall’ultimo governo Berlusconi in poi (2008-2011), nessun esecutivo ha viaggiato a una media così alta.


Ovviamente da qui alla fine della legislatura questo dato per il governo Gentiloni è destinato a cambiare perché il numero di testi approvati aumenterà così come probabilmente anche quello dei voti di fiducia.

Come già analizzato, l’uso massiccio dei voti di fiducia nelle dinamiche di camera e senato è diventato ormai una prassi, con evidenti conseguenze su quantità e qualità del dibattito parlamentare. Questo perché da un lato lo velocizza, specie sui decreti legge in scadenza, dall’altro lo limita, legando il destino del testo a quello dell’esecutivo.

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