Progettare le città in base ai cittadini che le vivono, usando per esempio i dati che loro stessi producono ogni giorno, spesso senza saperlo e perdendone subito il controllo. Se ne parla mercoledì 25 ottobre al nexa lunch seminar del politecnico, e sabato 28 in occasione del linux day.
Perché i dati tendono a essere percepiti come oggettivi a prescindere? E perché invece non sono che una delle possibili versioni della realtà? Cosa vuol dire che le mappe sono sempre politiche? Sono alcuni degli spunti di riflessione a partire dal libro Il nostro diritto digitale alla città, raccolta di saggi edita in originale da Meatspacepress e tradotto in italiano da openpolis con lo scopo di avviare anche nel nostro paese riflessioni e discussioni sulla cittadinanza digitale.
L’intenzione è quella di creare occasioni di scambio di idee su come rimettere i cittadini al centro delle trasformazioni digitali in corso. Come renderli cioè partecipi del cambiamento invece che produttori passivi di dati usati solo a livello commerciale. In modo che siano le persone che ci vivono a progettare la città, servendosi dei dati che loro stessi contribuiscono a creare, spesso senza saperlo e perdendone del tutto il controllo.
Se ne parla il 25 ottobre a Torino nell’ambito dei Nexa Lunch Seminar e il 28 ottobre, sempre a Torino, in occasione del Linux day.
Quello che facciamo ogni giorno con i nostri smartphone serve a raccogliere delle grandi quantità di informazioni su di noi: abitudini e gusti vengono tracciati e rimangono immagazzinati. Sapere come questo avviene, con quali conseguenze è il punto di partenza per usarli anche in altri modi. Perché infatti non immaginare di dargli un valore comune una volta che quei dati vengano opportunamente resi anonimi? Perché non pensare a come ricavare valore pubblico dalle informazioni che tutti noi condividiamo e che però per il momento rimangono mera proprietà di poche grandi aziende?
La raccolta di saggi si può scaricare, oppure se ne può richiedere la versione cartacea al costo di 5 euro.
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