Il diritto digitale alla città, per una nuova cultura dei dati

Anche i dati sono beni comuni. Quelli amministrativi ma anche quelli che tutti noi produciamo ogni giorno attraverso piattaforme proprietarie. Il significato e le implicazioni dei cambiamenti in corso nella raccolta di saggi “Il nostro diritto digitale alla città“.

Non solo i dati delle pubbliche amministrazioni, ma anche quelli che produciamo spesso senza saperlo e perdendone subito il controllo hanno un enorme potenziale per la collettività e per i singoli cittadini. Ma il loro valore pubblico è ancora misconosciuto.

Eppure si tratta del nostro diritto digitale alla città, come recita il titolo di una raccolta di 8 brevi saggi e un glossario sui temi delle trasformazioni digitali in atto nella vita quotidiana e privata di tutti, al punto da diventare materia comune. Oggetto di rilevanza pubblica. Openpolis ha voluto facilitare la diffusione in Italia di alcune riflessioni presentate con lo stile agile e provocatorio del pamphlet per uscire dall’ambito ristretto degli addetti ai lavori e arrivare a tutta la società. Con l’obiettivo promuovere una più diffusa cultura dei dati e chiamare a raccolta idee e ulteriori spunti, generare nuove occasioni di dibattito in cui far circolare informazioni e idee sui cambiamenti in atto. 

Ogni giorno il cittadino digitale lascia numerose tracce delle sue abitudini e dei suoi gusti. Pubblicando foto, descrivendo stati d’animo su un social network, consultando mappe sull’indirizzo da trovare e semplicemente spostandosi, prenotando un servizio di trasporto, facendosi portare la cena a casa. I dati che ci riguardano, quelli amministrativi e quelli che produciamo usando un qualsiasi smartphone, sono al centro di processi economici e sociali. Viviamo immersi nei dati che noi stessi produciamo ma quanti sono davvero consapevoli della quantità di informazioni personali che rimangono immagazzinati in banche dati di piattaforme proprietarie?

Primo passo, dunque, è la conoscenza dei processi di produzione e conservazione dei dati. Per poi passare alla riflessione sull’uso che se ne può fare. Delle possibilità che in positivo possono offrire se si riuscirà a metterli a disposizione della collettività. Perché per non essere strumenti passivi dei cambiamenti in atto occorre sapere e agire.

Solo immaginando i dati al servizio di tutti e non solo delle piattaforme proprietarie si possono scongiurare le visioni distopiche sulla società del controllo e il potere imperante degli oligopoli. Il “diritto alla città” prevede che coloro che la vivono possano progettare la città che vogliono abitare. Per cominciare a riflettere sulla necessità di ambientare le rivendicazioni di diritti e le lotte politiche anche nelle rappresentazioni digitali delle città di mattoni e cemento.

Il libro – edito in originale da Meatspacepress e tradotto in italiano da Openpolis – si può scaricare gratuitamente su cittadigitale.openpolis.it, oppure si può richiedere una copia cartacea con un contributo di stampa di cinque euro. La pubblicazione vuole però aprire la strada a dibattiti e chiamare a raccolta contributi e riflessioni: si comincia con alcune date di presentazione degli scritti, di cui daremo notizia periodicamente sul blog di openpolis. Per poi tornare periodicamente a segnalare le iniziative sul tema, raccontate i cambiamenti e le situazioni, stimolare il dibattito e il confronto.

Il primo appuntamento è fissato per il 25 ottobre al politecnico di Torino, nell’ambito dei Nexa Lunch Seminar. Un altro incontro è previsto il 28 ottobre, sempre a Torino, all’interno del Linux Day