Lo ius soli e le possibili vie per l’approvazione al senato

Salgono le quotazioni del ddl ius soli. Improvvisamente la riforma della cittadinanza torna al centro del dibattito parlamentare, ma quante sono le possibilità che diventi legge? Tra assenze al voto finale e alleanze di scopo, il governo ha delle alternative concrete.

Tra la riforma elettorale e la legge di stabilità, il calendario dei lavori da qui alla fine della legislatura sembra poter subire delle modifiche. In seguito alla recente mobilitazione politica, il tema dello ius soli torna sul tavolo delle trattative. Il testo infatti, dopo l’approvazione alla camera a ottobre del 2015, era finito in fondo alle priorità politiche dell’esecutivo. Sia per la sensibilità del tema, che per una questione di numeri, era stata presa la decisione di mettere in pausa la trattazione del testo a Palazzo Madama.

Dopo varie dichiarazioni, sia dalla squadra di governo che da membri di vari partiti politici, lo scenario sembra essere cambiato. Ma quali sono le reali possibilità che la proposta diventi legge? Una risposta non evidente, anche perché Angelino Alfano, leader della seconda forza di governo Alternativa popolare, aveva recentemente dichiarato che, onde evitare un regalo alla Lega, era il caso di rinviare l’approvazione del testo alla prossima legislatura.

I numeri, come sempre, possono però venirci in aiuto. Al senato l’attuale soglia di maggioranza per approvare un testo è di 161 senatori. Un traguardo che l’esecutivo ha già avuto problemi a raggiungere nel corso della legislatura avendo, sin dal primo dei 3 governi di coalizione, un margine molto risicato. Questo numero però rappresenta un “falso” problema, nel senso che molti dei testi approvati a Palazzo Madama dal 2013 a oggi non hanno raggiunto la soglia teorica di maggioranza. Ben 108 dei 348 voti finali al senato (il 31,03%) hanno ottenuto, grazie a un alto numero di assenti al momento del voto, il via libera dell’aula con meno di 161 voti. Il ddl auto riciclaggio, solo per fare un esempio, è stato approvato con il consenso di soli 119 senatori.

Cosa vuol dire tutto questo? In mancanza di un consistente sostegno politico al provvedimento, il governo ha due cartucce a disposizione: da un lato cercare alleanze di scopo in gruppi ibridi (vedi i verdiniani di Ala), dall’altro convincere Alfano a convertire il dissenso di Alternativa popolare in un’uscita dall’aula al momento del voto. Con meno senatori presenti, si abbasserebbe infatti la soglia di maggioranza, rendendo più facile l’approvazione dell’atto. Entrambe queste piste sono sul tavolo del dibattito in questi giorni, ma possono essere abbastanza?

Considerando l’attuale consistenza dei gruppi parlamentari al senato, la riposta è sì. I gruppi già in sostegno del provvedimento sono vari: Partito democratico (99 senatori), Per le autonomie (18), Articolo 1-Mdp (16) e le componenti di Sinistra italiana e Campo progressista nel Misto (8). A questi bisogna aggiungere 10 dei 14 senatori di Ala che sarebbero disposti a schierarsi a favore dello ius soli. Se tutti i senatori di questi schieramenti saranno presenti al momento del voto, il fronte dei Sì potrebbe essere composto da 151 parlamentari. Ancora non abbastanza, ma se si unisce a questi numeri un’uscita dall’aula da parte di Alternativa popolare al momento del voto, il gioco è fatto. 

Si tratta di possibilità ovviamente, possibilità però che trovano un buon riscontro nei numeri. Come sempre, la teoria dovrà diventare pratica, e bisognerà quindi capire le reale intenzioni del governo in materia. Intenzioni che da qui a fine legislatura avremo modo di scoprire.

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