La difficile elezione di un nuovo giudice costituzionale

A novembre sarà passato un anno da quando il giudice Frigo ha lasciato la corte costituzionale. Finora il parlamento non è riuscito a trovare un accordo per sostituirlo nonostante le pressioni esercitate dal capo dello stato e la questione non sembra essere una priorità nell’agenda parlamentare.

Il 26 aprile il presidente della repubblica, in un incontro con i presidenti di camera e senato, ha espresso l’esigenza che il parlamento si occupi di due temi istituzionali di fondamentale importanza: la riforma elettorale e la nomina di un giudice costituzionale.

Dopo cinque mesi le parole di Mattarella restano inascoltate ma mentre la legge elettorale è ancora un tema all’ordine del giorno, la nomina del giudice costituzionale sembra sparita dall’agenda politica.

Eleggere un giudice costituzionale non è una procedura semplice, il parlamento deve essere convocato in seduta comune ed è richiesta una maggioranza qualificata. Dunque deputati e senatori devono riunirsi presso la camera e accordarsi su un candidato che trovi il voto favorevole di almeno due terzi dei componenti dell’assemblea (634 voti). Se dopo tre votazioni non è ancora stato eletto nessuno la maggioranza richiesta scende a tre quinti (570 voti).

La prima votazione per sostituire il giudice Frigo è avvenuta a inizio gennaio ma poi il tema è stato accantonato finché a fine aprile il capo dello stato non ha esortato il parlamento a occuparsi della questione. Tra maggio e luglio l’assemblea si è riunita in seduta comune sei volte. Nonostante i tentativi però non si è arrivati ad alcun risultato e dopo la pausa estiva il tema non è più stato calendarizzato.

Inoltre le votazioni che da maggio si sono succedute sono state puramente formali. Infatti non solo nessun candidato è mai arrivato vicino all’elezione ma i deputati e i senatori presenti e votanti non hanno mai nemmeno raggiunto il numero legale.

Attualmente la consulta è composta da 14 dei 15 giudici previsti. Con questi numeri il suo funzionamento non è a rischio, la corte può infatti deliberare se sono presenti 11 dei suoi componenti.

Il mandato di altri due giudici però è in scadenza. Si tratta di Alessandro Criscuolo (giudice dal 11/11/2008) e Paolo Grossi (giudice dal 23/02/2009). È probabile che entrambi saranno sostituiti in tempi rapidi, visto che nessuno dei due è di nomina parlamentare. Infatti di solito i giudici nominati dalle alte magistrature vengono designati ancor prima che il mandato del giudice in uscita sia scaduto, mentre le nomine del presidente della repubblica si risolvono in genere in una ventina di giorni, anche se negli anni non sono mancate eccezioni.

È invece il parlamento ad avere di norma tempi molto lenti. Nel 2015 a causa dell’inattività parlamentare la corte è rimasta con solo dodici membri per quasi sei mesi. Fortunatamente un caso di questo genere è un unicum nella storia repubblicana. I ritardi del parlamento sono invece nella norma. In media infatti il tempo necessario al parlamento per eleggere un membro della consulta è di 205 giorni.

Questi ritardi non sono soltanto un problema e un rischio relativo al numero legale. Se la costituzione prevede che parlamento, alte magistrature e presidente della repubblica nominino ciascuno un terzo dei membri della corte (art. 135) è anche affinché questa risulti bilanciata nella sua composizione. Il fatto che i membri della consulta di nomina parlamentare di frequente siano meno del dovuto comporta uno squilibrio in un organo costituzionale di fondamentale importanza.

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