Come si dimette un parlamentare

L’assenza del vincolo di mandato, vuole dire anche che i parlamentari si possono dimettere in qualsiasi momento. Ma se per motivi personali, bisogna passare per il voto dell’aula, che può decidere di rifiutarle, costringendo il parlamentare a rimanere in carica contro la sua volontà.

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Definizione:

«Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Questo è il contenuto dell’articolo 67 della costituzione italiana, e base giuridica che giustifica una delle libertà più importanti di deputati e senatori. I parlamentari svolgono il loro incarico senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali o dei cittadini stessi. Una libertà di azione che permette a deputati e senatori di dimettersi dal proprio incarico, terminando anticipatamente la legislatura, e facendo subentrare il primo dei non eletti. Un parlamentare si può dimettere o per incompatibilità di incarichi (in caso volesse assumere una carica o un impiego incompatibile con la sua carica) o per motivi personali.

Nel primo caso le dimissioni rappresentano più una formalità che altro. La legge infatti stabilisce che la carica di parlamentare è incompatibile con una serie di altri incarichi (parlamentare europeo, sindaco di città con oltre 20.000 abitanti, governatore di regione, ecc.). In questi casi le dimissioni vengono presentate, il presidente di aula le comunica all’assemblea, che ne prende atto senza procedere con nessun tipo di votazione. Nel secondo caso invece (motivi personali) si mette in atto un processo differente. Il parlamentare deve comunicare la sua intenzione al presidente di aula che, con l’accordo dei capigruppo, calendarizza una discussione in materia. Una volta in aula il parlamentare deve spiegare le motivazioni che lo hanno spinto a presentare le dimissioni, motivazioni su cui poi deve votare l’aula. Il voto ha lo scopo di tutelare il parlamentare (e quindi le istituzioni) da eventuali pressioni ricevute, che possono essere dal partito o anche esterne. Il voto su una persona, da regolamento, sia della camera che del senato, deve essere fatto a scrutinio segreto. È prassi che la prima votazione abbia esito negativo, come gesto di cortesia nei confronti del deputato o senatore. 

Dati:

Nella XVI legislatura si sono dimessi 63 parlamentari, 56 per incompatibilità (88,88%) e 7 per motivi personali (11,11%). Dati in linea con quelli dell’attuale. Delle 50 dimissioni a oggi, il 74% è per incompatibilità e il restante 26% per motivi personali. Come anticipato, in caso di dimissioni per motivi personali, l’esito del voto può anche essere negativo. La XVII legislatura ha testimoniato il caso limite del senatore Vacciano, eletto con il Movimento 5 stelle, che per ben 5 volte ha visto le sue dimissioni rifiutate dall’aula. Altre 9 richieste di dimissioni nella XVII legislatura hanno avuto esito negativo. Parliamo nello specifico di Laura Bignami (dimissioni respinte l’11 giugno del 2014), Cristian Iannuzzi (due volte, la prima il 12 febbraio 2015, la seconda il 27 febbraio 2015), Giovanna Mangili (anche lei due volte, il 3 aprile 2013 e il 17 aprile successivo), Francesco Molinari (dimissioni respinte il 17 febbraio 2015), Maria Mussini (votazione avvenuta l’11 giugno 2014), Ivana Simeoni (il 17 febbraio 2015), e infine  Walter Tocci, senatore del Partito democratico, le cui dimissioni sono state respinte il 26 novembre scorso.

Analisi:

L’impianto dei diritti e dei doveri che tutela da un lato i parlamentari e dall’altro camera e senato, rendono il processo di dimissioni dal parlamento particolarmente lungo e contorto. Un elemento necessario per salvaguardare l’istituzione legislativa del nostro paese. Ciò nonostante il rischio è sempre quello che dinamiche politiche corrompano questo impianto, rendendo alcune situazione quantomeno curiose. Nella XVII legislatura, tutte le dimissioni presentate da eletti con il Movimento 5 stelle sono state respinte dal nostro parlamento. Non solo, a oggi, a parte il caso Tocci, tutti parlamentari che hanno tentato fallendo di dimettersi (alcuni più volte) sono stati eletti con il M5s. Questo ovviamente comporta alcune domande: non si rischia che le maggioranze parlamentari influenzino eccessivamente chi ha il diritto di dimettersi e chi non ce l’ha?