Cambi di gruppo, a che punto siamo con la riapertura del parlamento

Gli equilibri di camera e senato a pochi giorni dalla riapertura dell’aula. I 524 cambi di gruppo da inizio legislatura hanno letteralmente ribaltato le dinamiche parlamentari. Anche in vista delle prossime elezioni, i flussi politici sembrano essere sempre ben chiari.

Cosa è cambiato dalle politiche 2013

Il giro di valzer parlamentare non ha risparmiato nessuno. Tutti i principali partiti che si sono scontrati nelle ultime elezioni politiche hanno perso membri da inizio legislatura, subendo delle importanti scissioni interne. Sia alla camera che al senato il Partito democratico, causa la rottura con il trio Bersani-D’Alema-Speranza, ha subito perdite. Nonostante i tanti movimenti in entrata, la nascita di Articolo 1-Movimento democratico e progressista ha portato il saldo dei due gruppi dem in negativo. Dei 297 seggi vinti alla camera, ora ne sono rimasti 283, e i 109 del senato, sono diventati 99.

Al centrodestra non è andata meglio. Lo scontro fra Berlusconi e Alfano ha portato pochi mesi dopo l’inizio della legislatura alla nascita del Nuovo centrodestra (ora Alternativa popolare). I 98 seggi ottenuti sia a Montecitorio che a Palazzo Madama dal Popolo delle libertà sono ora rispettivamente 57 e 45. Stesso discorso per il Movimento 5 stelle, che non ha subito scissioni interne, ma che ha avuto un costante flusso in uscita: 109 eletti alla camera sono diventati 88, e dei 54 seggi al senato ne sono rimasti 35. Ancora più disastrosa l’avventura di Scelta civica per l’Italia: prima una scissione ha portato alla nascita di Per l’Italia (che ora è diventato Democrazia solidale – Centro democratico), poi, con il cambio di nome in Civici e innovatori, arriva anche la fine del gruppo autonomo e la trasformazione in componente del gruppo Misto. Logo e nome del partito però sono ri-entrati in parlamento grazie all’alleanza con Ala, nel nuovo gruppo Ala-Scelta civica per la costituente liberale e popolare).

Chi ne ha guadagnato?

L’emorragia dei grandi partiti ha dato spazio alla costante nascita di nuovi gruppi e componenti politiche. Questa dinamica ha generato un parlamento di componenti, come analizzato in passato, in cui troppo spesso l’ufficio di presidenza ha dato l’ok alla nascita di gruppi parlamentari “sotto soglia”. A un certo punto il 50% dei gruppi alla camera erano in deroga, non raggiungendo la soglia minima di 20 deputati. Divisioni su divisioni che hanno rivoluzionato lo scenario rispetto alle politiche del 2013. Solo 4 gruppi alla camera (Pd, M5s, Lega nord e Fratelli d’Italia) e 3 al senato (Pd, M5s e Lega) sono apertamente riconducibili a liste elettorali delle ultime elezioni, non avendo né cambiato nome né schieramento.

I numeri del giro di valzer

Forse il modo migliore per capire quanto sia successo è attraverso i numeri. Da inizio legislatura ci sono stati 524 cambi di gruppo, 296 alla camera e 228 al senato. Protagonisti di questi spostamenti sono stati 336 parlamentari, 203 deputati e 133 senatori. In totale il 35,37% del parlamento ha cambiato gruppo almeno una volta, ad una media di 10 cambi di casacca al mese. Nella scorsa legislatura i cambi di gruppo erano stati “solamente” 261, poco più di 4 al mese.

I trend da seguire

Nonostante i cambi di gruppo abbiano caratterizzato tutta la legislatura, negli ultimi mesi alcuni trend sembrano essersi invertiti. L’avvicinarsi delle elezioni nazionali nel 2018 infatti sta fortemente influenzando gli spostamenti dei parlamentari. Escludendo lo scioglimento di Civici e innovatori, da giugno a oggi ci sono stati 20 cambi di gruppo. Ben 10 (il 50%) hanno visto parlamentari entrare (e a volte ritornare) in Forza Italia. Un dato significativo che segue il successo elettorale delle amministrative 2017 e che pone le tracce per possibili evoluzioni dei prossimi mesi.

Per approfondire:

4 pensieri su “Cambi di gruppo, a che punto siamo con la riapertura del parlamento

  1. Andrea Masina

    Dunque …. qualcuno sostiene che sia costituzionalmente una libertà da garantire …. Ma se non ci si sente più all’altezza del ruolo, perchè non dimettersi? Troppo facile vero …. E come si fa a rinunciare ad un emonumento mensile da favola. Come si fa a rinunciare ad un vitalizio (ok a 65 anni …) di soli € 600. Cifra che per molte persone, non bastano 40 anni

    1. Emanuele

      Faccio un esempio. Vengo eletto con un partito no-euro. Alla prima votazione utile tutto il mio partito fa il contrario di quanto dichiarato in campagna elettorale. Perchè dovrei dimettermi per lasciare il posto a uno che andrà contro il volere degli elettori? Faccio notare che in questo caso sarebbe giusto che io esca dal partito restando in Parlamento, perchè rappresento chi mi ha eletto.

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