La spesa per il personale nelle città italiane

Senza i dipendenti comunali le amministrazioni locali non potrebbero svolgere le loro funzioni fondamentali. Bisogna tenere conto anche dell’entità di questa spesa per valutare i “margini di manovra” di un comune. Vediamo a quanto ammonta rispetto ai bilanci delle maggiori città italiane.

Le scelte fondamentali di una amministrazione locale sono stabilite dai suoi organi politici elettivi, in particolare il sindaco (attraverso le ordinanze), la giunta e il consiglio comunale (attraverso le delibere). Ma queste decisioni restano lettera morta se non vengono applicate dall’amministrazione attraverso i suoi dipendenti: dagli agenti della polizia locale, ai bibliotecari, dagli impiegati dell’ufficio tecnico agli addetti ai servizi sociali.

Inoltre, una serie di funzioni attribuite dalla legge nazionale ai comuni sarebbero impossibili senza l’apporto dei dipendenti comunali, ad esempio la tenuta dell’anagrafe.

Per queste ragioni, per ogni amministrazione il suo personale è uno degli asset fondamentali sia per la gestione ordinaria sia per mettere in pratica le scelte degli organi politici. Ovviamente, c’è un equilibrio di cui tenere conto, dal momento che quella per il personale è in buona parte una spesa fissa e ricorrente. Perciò, quanto maggiore è la sua entità, quanto più il comune avrà i margini ristretti nelle politiche di bilancio.

Per valutare quanto valgono le spese per i dipendenti rispetto al bilancio dell’ente, su openbilanci si può trovare un indicatore ad hoc, che misura il costo del personale rispetto al totale delle spese di gestione correnti. Viene calcolato in percentuale: quindi più il valore è alto, più il comune sostiene spese per il pagamento dei propri dipendenti e dunque minore sarà la capacità di manovra e la flessibilità di gestione del bilancio.

 

Tra le città maggiori di 200mila abitanti, nel 2014, ci accorgiamo che quella con la maggiore incidenza delle spese per il personale è Palermo, con il 36,94%. Al secondo e terzo posto rispettivamente Trieste e Bologna, entrambe appaiate attorno al 34%. Le due città dove la percentuale è stata minore nell’anno considerato sono state Catania (21,45%) e Napoli (20,29%).

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