La spesa per acquisto di partecipazioni nei comuni

I comuni possono acquisire partecipazioni solo in società coerenti con la loro missione istituzionale. Questa previsione ha contribuito a far sì che la voce di spesa per investimenti finanziari nei bilanci comunali sia spesso pari a 0, come abbiamo visto per le maggiori città italiane.

I comuni, come gli altri enti pubblici, possono detenere quote di società di diritto privato (cd. partecipate). Ma c’è un limite, fissato con la legge 244/2007 e ribadito anche dal recente decreto legislativo 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica): le amministrazioni pubbliche possono mantenere solo le quote delle società che svolgono attività coerenti con la propria missione istituzionale. Una norma che dovrebbe garantire che i comuni non contribuiscano a mantenere aziende che non hanno nessuna connessione con le esigenze della propria comunità.

Gli enti locali, come tutte le pubbliche amministrazioni, possono costituire società o acquistare e mantenere partecipazioni solo a condizione che queste si occupino di attività tra cui:

  • i servizi pubblici locali e più in generale quelli d’interesse generale (come trasporti, rifiuti, acqua);
  • progettare e realizzare opere pubbliche;
  • la gestione in proprio di servizi e attività strumentali all’ente (ad esempio quando una funzione amministrativa del comune viene svolta attraverso una società anziché dagli uffici).

In sintesi, la tendenza degli ultimi anni è andata nella direzione di limitare la partecipazione degli enti pubblici a società non coerenti con la loro attività.

Attraverso openbilanci.it possiamo verificare come effettivamente la spesa delle città italiane sopra i 200mila abitanti per investimenti finanziari sia nella quasi totalità dei casi pari a 0, almeno nel 2014. La voce considerata è quella relativa alla spesa per partecipazioni azionarie. Comprende somme che l’ente ha destinato ad investimenti finanziari, come l’acquisto di azioni in altre società. Rientra nella spesa in conto capitale in quanto si tratta di somme di denaro che vengono investite, solitamente, per periodi di tempo piuttosto lunghi.

Solo a Palermo e a Bari questa voce, almeno nel 2014, è significativa. A Genova vale 17 centesimi per abitante, a Verona 6, mentre in tutte le altre maggiori città invece è pari a 0.

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