I discorsi di fine anno dei presidenti della repubblica

I primi erano via radio, poi trasmessi in tv. Man mano più lunghi e con più riferimenti politici, ma anche con un linguaggio più semplice. Una consuetudine, quella del messaggio agli italiani, non prevista dalla costituzione ma diventata prassi consolidata. Vediamo con quali caratteristiche. 

Il primo discorso di fine anno di un presidente della repubblica fu quello di Luigi Einaudi nel 1949, secondo anno del suo mandato. Negli anni successivi il messaggio di auguri è diventato una consuetudine, mantenuta fino ai giorni nostri.

La costituzione non prevede né questo discorso né altri tipi di comunicazione del presidente della repubblica rivolti al popolo: gli articoli 74 e 87 prevedono solo l’invio di messaggi alle camere. Nel dibattito tra giuristi questa pratica, tesa ad avvicinare la massima carica dello stato ai cittadini, è stata oggetto di critiche. Secondo alcuni i discorsi del presidente della repubblica rivolti direttamente al popolo sarebbero poco in linea con una forma di governo parlamentare, in cui spetterebbe solo al parlamento la «rappresentanza politica generale».

Sta di fatto che i discorsi dei presidenti all’inizio erano brevi e concisi e sono diventati più lunghi man mano che la pratica si è consolidata.

Il discorso di fine anno più lungo della presidenza Einaudi è stato di sole 256 parole, dunque molto breve; il  discorso di Scalfaro del 1997 arrivò invece a 4912 parole. Con il tempo sono stati inseriti argomenti più politici, assenti nei primi anni. Per esempio nel suo primo discorso Einaudi si limitava a citare i «gravi problemi che tuttora attendono soluzione» e «l’opera della ricostruzione», affermando il carattere generale delle sue parole nella conclusione: «Tale sono sicuro è il comune voto». Mentre non è passato inosservato nell’ultimo discorso di Mattarella il riferimento all’«esigenza di approvare una nuova legislazione elettorale».

 

Mentre i discorsi diventavano man mano più lunghi, la loro struttura andava semplificandosi, sia nella lunghezza delle frasi sia nel linguaggio. Se il primo discorso di Einaudi iniziava con «Nel rigoglio di intimi affetti suscitato da questa trasmissione […]» il discorso di Scalfaro del 1992 apriva con un molto più informale «Buona sera a tutti, Buon anno!».

Quanto al numero di parole e caratteri per frase, dai grafici risulta evidente la tendenza alla semplificazione. Frasi più lunghe ritornano però negli anni ottanta con la presidenza Cossiga e in parte durante gli anni di Napolitano, anche se in maniera meno marcata.

Le tre parole più riccorenti nei discorsi presidenziali dal 2008 a oggi

AnnoPresidente123
2008Napolitanocrisioccasionepaese
2009Napolitanogiovanicrisiriforme
2010Napolitanogiovanifuturomondo
2011Napolitanopaesefiduciapolitica
2012Napolitanogiovanigovernolavoro
2013Napolitanogiovaniparlamentopaese
2014Napolitanonazionalepoliticastato
2015Mattarellatuttiimpegnolavoro
2016Mattarellatuttipaeselavoro
Dalle parole più ricorrenti è escluso il riferimenti a Italia e Italiani

 

Per approfondire: