Sempre più poveri tra i giovani

Con la crisi è emersa una relazione tra difficoltà economica e giovane età, mentre il tasso di povertà assoluta è diminuito tra le persone anziane. Tra le cause, anche l’alta percentuale di inattivi – persone che non studiano, non lavorano e non sono in formazione – tra chi ha meno di 30 anni.

Fino a dieci anni fa, l’indigenza non aveva una connotazione generazionale marcata. In tutte le classi d’età, il tasso di povertà assoluta era contenuto tra il 2,7 e il 4,5%. La generazione più in difficoltà era quella degli anziani sopra i 65 anni. Dopo dieci anni, ci troviamo di fronte a una situazione capovolta. Gli over 65 sono diventati la classe d’età in cui la povertà è meno diffusa, e si è allargata molto la forbice tra le generazioni. Nell’Italia di oggi, più una persona è giovane e più è probabile che si trovi in povertà assoluta.

Sull’aumento della povertà giovanile uno dei fattori chiamati spesso in causa è la mancanza di lavoro seguita alla crisi economica. In particolare si fa notare l’alta percentuale di neet nel nostro paese, ovvero di giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione. In effetti, rispetto agli paesi europei, il nostro è primo per percentuale di neet nella fascia d’età tra 15 e 24 anni, e si piazza secondo (dietro la Bulgaria) nella fascia tra 15 e 29 anni.

Dal grafico si nota una correlazione tra il rischio di povertà tra i giovani e la percentuale di neet. In diversi paesi, come Francia e Germania, a quote più basse di neet si accompagnano anche percentuali più basse di rischio povertà nella fascia tra 15 e 29 anni. In Austria, ad esempio, meno del 5% dei giovani è inattivo, e il rischio povertà si ferma al 15,2%. Tra le persone della stessa età, in Italia gli inattivi sono il 15% e i giovani a rischio povertà il 32,2%.

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