“Cooperazione Italia”, il nuovo MiniDossier di openpolis

Le risorse destinate all’aiuto pubblico allo sviluppo, l’uso che ne viene fatto e gli aspetti problematici. A partire dalla quota crescente di fondi che restano in Italia invece di raggiungere i paesi poveri. Tutti i dati nel nuovo MiniDossier openpolis realizzato in collaborazione con Oxfam.

Quante sono le risorse che l’Italia e i paesi sviluppati destinano alla cooperazione allo sviluppo? Le attività finanziate rispettano gli impegni internazionali? Partiamo da queste domande per analizzare in questo MiniDossier – realizzato insieme a Oxfam – la situazione attuale dell’aiuto pubblico allo sviluppo e capire cosa vorrebbe dire rispettare gli obiettivi ufficiali. Ma è giusto dichiarare di aver aumentato, come promesso, i fondi destinati all’aps se in realtà questi rimangono sempre più nei paesi donatori per la gestione dei rifugiati, invece di raggiungere quelli meno sviluppati a cui sarebbero destinati?

L’aiuto pubblico italiano. Nel 2015 l’Italia ha destinato quasi 3miliardi e 954milioni in aiuto pubblico allo sviluppo (aps). Il budget totale viene ripartito tra canale bilaterale e multilaterale e nel periodo esaminato quest’ultimo ha assorbito la maggior parte delle risorse: in media negli ultimi 5 anni al canale multilaterale è stato destinato il 67,16% delle risorse e al canale bilaterale il 32,84%. La maggior parte delle risorse del canale bilaterale viene spesa non nei paesi beneficiari di aps, ma rimane in Italia. Solo nel 2015 sono stati impegnati oltre 960milioni e 838mila euro per l’assistenza dei rifugiati, il 53,19% del budget bilaterale.

Le cifre mondiali. Il volume mondiale di risorse destinate all’aps ha sfiorato i 139miliardi e mezzo di euro nel 2014. La parte più consistente, l’88,45% del totale, è quella trasferita dai cosiddetti paesi Dac, il Comitato per l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Ocse, di cui fa parte anche l’Italia. Un altro 10,02% fa capo alle agenzie multilaterali, mentre la quota finanziata da paesi non Dac è dell’1,53% del totale. Proporzioni molto simili si ritrovano anche nei quattro anni precedenti.

Chi dona di più. In termini assoluti gli Stati Uniti sono il paese che ha devoluto la cifra più alta in aps nel 2015: 28miliardi di euro. Nella classifica internazionale dei maggiori donatori l’Italia risulta dodicesima. Ma andando a guardare la percentuale di aps rispetto al reddito nazionale lordo si evidenzia l’effettiva consistenza dei fondi devoluti in cooperazione rispetto al volume dell’economia e in sostanza rispetto alla ricchezza nazionale. In questo modo gli Usa, con il loro 0,15% si aps su reddito nazionale lordo, arrivano solo alla 22esima posizione. L’Italia passa invece al 21esimo posto con lo 0,21% di aps rispetto all’rnl.  Solo 3 paesi superano l’1% di aps rispetto al proprio rnl, cioè Svezia, Emirati Arabi Uniti e Norvegia

Gli impegni disattesi. Ai 20 paesi definiti come prioritari nel documento di programmazione 2015-2017, in concreto lo scorso anno è stato destinato in tutto il 22,26% delle risorse a disposizione. Per contro in alcuni casi paesi che non sono inseriti tra le priorità di intervento ricevono quote consistenti, come l’India e l’Ecuador. Ma soprattutto pesa moltissimo (64,11% del bilaterale) la cifra destinata a “paesi non specificati”, in cui rientrano le cifre per i rifugiati spesi nei paesi donatori (in questo caso l’Italia). Situazione simile per le attività definite come prioritarie nelle linee di indirizzo ufficiali, a cui è andato in totale il 19,30% delle risorse.

Gli obiettivi per il futuro. Nel 2015 il premier Matteo Renzi ha dichiarato che entro il 2017 l’Italia sarebbe diventato il quarto paese donatore del g7. Per raggiungere questo obiettivo dovrebbe superare due paesi, Canada e Giappone. E anche ipotizzando che questi rimangano fermi e non aumentino i loro fondi, l’Italia dovrebbe raggiungere almeno lo 0,28% di aps rispetto al proprio rnl entro l’anno prossimo, aumentando di di 7 punti percentuali i propri fondi. Per raggiungere invece lo 0,30% entro il 2020 dovrebbe aumentare la quota di aps/rnl del 19,93% rispetto a quanto dato nel 2015. Per rispettare l’obiettivo, assunto a livello internazionale, di devolvere lo 0,7% entro il 2030 il nostro paese dovrebbe invece aumentare del 245,21%.

I fondi per i rifugiati. Nel 2010 l’Italia impegnava per i rifugiati lo 0,10% di tutto l’aiuto pubblico allo sviluppo, sia bilaterale che multilaterale. Questa quota arriva al 24,30% nel 2015. Se si prendono le cifre dei fondi spesi si passa dallo 0,12% del 2010 al 25,55 del 2015. La tendenza è simile in molti dei paesi Dac. Per esempio in Germania nell’ultimo anno la quota destinata ai rifugiati è aumentata di oltre 15 punti percentuali: dall’1,03% del 2014 al 16,83% del 2015. In Slovenia si passa invece dallo 0,13% del 2014 al 9% del 2015.

MiniDossier Openpolis. “Cooperazione italia” è il numero 10/2016 della collana di approfondimento MiniDossier. L’impostazione di data journalism prevede la verifica, l’analisi e la comparazione dei dati provenienti da fonti ufficiali per fare emergere notizie e proporre punti di vista nuovi e diversi. Anche per dare continuità a questo lavoro durante l’anno è fondamentale sostenere openpolis attraverso la campagna di donazioni o il 5×1000.

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Un pensiero su ““Cooperazione Italia”, il nuovo MiniDossier di openpolis

  1. lorenzo939

    Credo che come viene gestito il problema “rifugiati” sia una mezza truffa perpetrata usando i soldi dei cittadini, anche di quelli poveri e disoccupati. L’Italia non ha ottemperato alle normali regole che informano tale situazione, in primis non distinguendo i rifugiati politici dai semplici migranti, sul riconoscimento stendiamo un grosso velo pietoso, sul numero dei rimpatri dobbiamo avere compassione delle nostre istituzioni che non sanno mai quale strada prendere. Per concludere: il problema degli immigrati clandestini si deve risolvere nei loro paesi, altrimenti è solo propaganda, speculazione e raggiro dei cittadini. IL “buonismo speculativo” crea disuguaglianze che al limite sono gli italiani ad essere discriminati nel loro paese, non si può accettare una simile situazione. Se un governo non risolve questi problemi, allora va cambiato.

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