L’efficacia delle misure alternative al carcere nel ridurre i recidivi

Un sistema penitenziario efficiente dovrebbe ridurre il numero di coloro che una volta liberati tornano a delinquere. Invece le carceri italiane producono un tasso di recidiva molto alto – oltre il 68% – che però risulta molto più contenuto nel caso la pena sia scontata, almeno in parte, diversamente.Storicamente le carceri venivano costruite con solo due funzioni: punire i criminali e tenerli lontani dalla società. Il rilascio era considerato una parentesi a cui sarebbe seguita una nuova carcerazione per nuovi reati. Un tasso di recidiva alto, cioè un’alta percentuale di detenuti che una volta usciti tornavano a delinquere, era considerato un dato naturale e immutabile.

Negli ultimi decenni è maturata una concezione diversa, e non solo per ragioni umanitarie. Il fenomeno delle “porte girevoli”, ovvero delle persone che escono dal carcere senza aver imparato nulla e tornano a vivere di illegalità, ha costi sociali ed economici altissimi. In primo luogo per la sicurezza dei cittadini: un alto tasso di recidivi significa più criminalità nelle strade. In secondo luogo perché il sistema delle porte girevoli è costoso, non solo per il mantenimento dei detenuti, ma anche perché una parte consistente della forza lavoro viene lasciata inattiva oppure in mano all’economia illegale.

Da questi presupposti, è nata la necessità di assicurarsi che i condannati, una volta scontata la pena, non tornino a commettere reati. In altre parole: reinserire nella società. In che modo è di certo più facile a dirsi che a farsi, ma alcuni sistemi hanno dimostrato di funzionare meglio di altri. Per esempio la possibilità che l’ultima parte della pena sia scontata con delle misure alternative al carcere. In questo modo il ritorno nella società avviene in modo più graduale, sotto controllo delle autorità penitenziarie, e soprattutto lavorando. Questo approccio, nella maggioranza dei casi, è un forte incentivo a ripartire con una vita più onesta. Se invece il condannato passa dall’inattività del carcere – dove non ha imparato né un lavoro né ha svolto corsi di formazione – alla vita da uomo libero, il ritorno alla delinquenza è molto più probabile.

A dircelo, oltre che il senso comune, sono i dati. Nel grafico, si mostrano le differenze tra il tasso di recidiva di chi è passato direttamente dal carcere alla vita civile contrapposto a chi, prima della liberazione, è stato affidato ai servizi sociali. Il confronto è abbastanza illuminante.

25

Questi dati provengono da una ricerca scientifica presentata nel 2007 su una rivista promossa dal ministero della giustizia,   dal titolo Rassegna penitenziaria e criminologica. Purtroppo, misurare il tasso di recidivi non è un’operazione semplice: richiede l’osservazione del fenomeno per più anni, e anche per questo non esistono statistiche ufficiali aggiornate periodicamente.

Ma questa indagine, svolta misurando quanti, tra i rilasciati nel 1998, avevano ricevuto una nuova condanna penale a distanza di 7 anni, è abbastanza indicativa di una tendenza. Da un lato, mostra che il nostro sistema penitenziario ha delle difficoltà a evitare che i detenuti, una volta rilasciati, tornino a delinquere. Nel 68,45% dei casi considerati, chi era stato liberato ha ricevuto una nuova condanna entro 7 anni. Una cifra altissima.

Tra chi, prima della liberazione, era stato affidato in prova ai servizi sociali, dando la possibilità di un reinserimento più graduale, i recidivi sono molti meno: 19%. L’81% degli affidati ai servizi sociali, al contrario, nei sette anni successivi non ha ricevuto condanne.

Questi dati vanno letti con cautela, perché va tenuto conto che i detenuti affidati ai servizi sociali dovrebbero essere selezionati tra quelli che hanno dimostrato maggiore volontà di reinserirsi, quindi per loro era prevedibile un risultato migliore. Ma la differenza nel tasso di recidiva, pari a quasi 50 punti percentuali, indica che il nostro sistema carcerario – da solo – non basta a rispettare l’articolo 27 della costituzione, secondo cui le pene devono “tendere alla rieducazione del condannato”.

Per approfondimenti: