Come cambia il senato se vince il sì – speciale referendum

Da camera elettiva a suffragio universale diventerebbe un organo rappresentativo delle regioni e dei comuni, per gran parte costituito da sindaci e consiglieri regionali. Sarebbe composto da 95 membri, più i titolari a vita e altri 5 nominati dal presidente della repubblica.

Oggi il nostro parlamento è composto da due camere con gli stessi poteri, entrambe elette a suffragio universale in un’unica tornata elettorale ogni 5 anni. I due rami del parlamento rappresentano la nazione nel suo complesso, e il governo ha bisogno della fiducia di entrambi per entrare o restare in carica. Nel sistema disegnato dalla riforma, la camera rimane l’unico ramo politico del parlamento: quello che dà e revoca la fiducia al governo, nonché il principale titolare del potere legislativo in quanto eletto a suffragio universale. Il senato diventa l’organo che rappresenta gli enti territoriali della repubblica, ovvero le regioni, i comuni e le città metropolitane.

Questo cambiamento si riflette anche nella composizione del senato. Attualmente il senato è composto da 315 membri eletti a suffragio universale, di cui 309 eletti in Italia 6 nella circoscrizione estero. A questi senatori elettivi se ne aggiungono fino a 5 nominati a vita dal presidente della repubblica (in questo momento sono 4), per aver illustrato la patria per alti meriti in campo sociale, scientifico, artistico o letterario. Gli ex presidenti della repubblica sono automaticamente senatori di diritto e a vita.

La riforma riduce i membri del senato da 315 a 95, e sarebbero eletti dai consigli regionali in secondo grado (cioè i senatori non sarebbero più eletti dai cittadini). Sarà la futura legge elettorale a disciplinare in dettaglio i modi di questa elezione, ma la composizione del senato, se vincesse il sì, è già stabilita dalla riforma costituzionale: dei 95 senatori74 sarebbero consiglieri regionali e 21 sindaci (uno per ogni regione più le province autonome di Trento e Bolzano). Resterebbero i 5 senatori nominati per alti meriti dal presidente della repubblica, ma durerebbero in carica per sette anni anziché a vita (tranne quelli attualmente in carica, che manterrebbero il seggio a vita). Non cambia niente invece per i futuri capi di stato: alla fine del mandato diventerebbero senatori a vita come oggi.

Rispetto all’assetto vigente, si nota il tentativo di trasformare i senatori in rappresentanti degli enti territoriali, attraverso specifici accorgimenti. Mentre oggi possono candidarsi al senato tutti i cittadini al di sopra dei 40 anni, con la riforma solo i consiglieri regionali e i sindaci in carica potrebbero essere eletti. Per rendere ancora più forte il vincolo tra l’istituzione locale e i suoi rappresentanti in senato, la riforma prevede che il mandato da senatore coincida con quello del consiglio regionale che li ha eletti. Questo significa che allo scioglimento di un consiglio regionale anche i senatori di quella regione decadrebbero: sarebbe quello di nuova elezione a rieleggerli. Inoltre il mandato da senatore coinciderebbe con l’incarico a livello locale: i senatori-sindaci, se decadono da primi cittadini, perderebbero anche il seggio in senato. Resta invariato l’articolo 67 della costituzione: anche con la riforma, i senatori non avrebbero nessun vincolo di mandato.

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