I partiti che non incassano i rimborsi elettorali

Alcune forze politiche hanno scelto di rinunciare ai rimborsi elettorali. Altre invece sono decadute dal diritto di incassarli perché hanno mancato (volontariamente o no) di rispettare le condizioni stabilite dalla legge. Vediamo in dettaglio quali.

La differenza tra rinuncia e decadenza può apparire sottile, ma non è secondaria. In entrambi i casi la forza politica non riceve il rimborso. Nel caso della rinuncia, per legge avrebbe diritto di incassare quei soldi, ma li rifiuta formalmente. Nel caso della decadenza, invece, non ha proprio diritto di riceverli, in quanto non ha rispettato le condizioni poste dalla legge per ottenere il rimborso.

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Come si vede nella tabella, dal 2010 solo 6 forze politiche hanno rinunciato formalmente ai rimborsi : M5s Emilia Romagna, Italiani nel mondo, Campania libera, Noi con Burlando, Autonomia e diritti, e Alto Adige nel cuore. In tutti gli altri casi si tratta di decadenze.

Vediamo quali sono le condizioni che la legge fissa per non decadere dal diritto al rimborso.

L’articolo 3 della legge 96/2012 stabilisce che i partiti che vogliono accedere ai rimborsi devono farne richiesta ai presidenti delle camere. Per esempio alle politiche del 2013 Movimento 5 stelle, Italiani per la libertà, Insieme per gli italiani e Fédération Autonomiste sono decaduti dal diritto anche perché non ne hanno fatto richiesta: di fatto una rinuncia.

In realtà però queste forze politiche sono decadute anche perché non hanno rispettato l’articolo 5 della legge 96/2012, che recita:

  1. I partiti e i movimenti politici (…) sono tenuti a dotarsi di un atto costitutivo e di uno statuto (…). Lo statuto deve essere conformato a principi democratici nella vita interna, con particolare riguardo alla scelta dei candidati, al rispetto delle minoranze e ai diritti degli iscritti.
  2. I partiti e i movimenti politici (…) che non trasmettano al Presidente del Senato della Repubblica o al Presidente della Camera dei deputati gli atti di cui al comma 1 (…), decadono dal diritto ai rimborsi per le spese elettorali e alla quota di cofinanziamento ad essi eventualmente spettante.

Quindi anche i partiti che non hanno uno statuto ispirato a regole di democrazia interna e non lo depositano alla presidenza delle camere perdono il diritto ai rimborsi.

A seguito di rinunce e decadenze, lo stato ha risparmiato oltre 7 milioni di euro nel 2014 .

Per approfondire:

4 pensieri su “I partiti che non incassano i rimborsi elettorali

    1. Andrea Gillo Bernardi

      Io sono onestamente ancora perplesso sulla questione rimborsi elettorali. Cioè, l’attività pubblica e sociale non dovrebbe essere finanziata (seconda parametri equi) dal pubblico per evitare che il privato prenda troppo potere della sfera pubblica?

      1. emarsk

        Beppe Grillo era quel genio che, nel periodo di massimo potere mediatico di Berlusconi, faceva la sua crociata contro i finanziamenti pubblici ai giornali…
        Togliere i finanziamenti pubblici ai partiti significa lasciarli completamente in mano ai privati, alle lobby, alle mafie. Più di quanto lo siano già.

        Io in linea di principio vieterei piuttosto i finanziamenti privati, ma ovviamente questo non sarebbe nemmeno realisticamente attuabile.

      2. Mirko Di Francesco

        Io non ho più dubbi. Vanno aboliti.
        Troppi scandali, troppi miliardi mai spesi ma intascati e spartiti.
        Servono regole serie sulla trasparenza, si può far politica con le micro donazioni dei sostenitori come fa il M5S che le raccoglie solo in occasione di eventi per poi donare in beneficenza il denaro non spero azzerando di volta in volta le casse. Troppi soldi in mano ai partiti che non scendono più in piazza, che non servono più il popolo, io non voglio più pagare un solo euro per loro, che si facciano finanziare da banche e privati tanto è ormai assodato che operano al loro servizio.

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