Cosa fa chi lascia in anticipo il parlamento?

Perché deputati e senatori decidono di lasciare la politica nazionale e per fare cosa? Assessorati comunali e regionali, consiglio supremo della magistratura, parlamento europeo e altro ancora: le strade possono essere tante. Ma in pochi chiudono del tutto con la politica.

Hanno deciso che la vita da deputato o senatore non faceva più per loro. Per ben 43 dei 49 eletti che ora non siedono più in aula la scelta è stata personale, e non dettata da cause esterne (decesso o decadenza).

Le motivazioni possono essere di vario tipo, e in minima parte riguardano la possibilità di “chiudere con la politica“. Dei parlamentari diventati ex nell’attuale legislatura, infatti, sono pochi coloro che hanno deciso di mettere in pausa la carriera politica per fare altro. Tra questi l’ex premier Lettaandato in Francia per insegnare, l’ex ministro ai beni culturali Bray ora direttore generale dell’Instituto della enciclopedia italiana o l’ex viceministro agli esteri Pistelli ora vicepresidente di Eni.

Dunque solo una minoranza lascia il parlamento sospendendo la carriera politica; invece gli altri, cosa sono andati a fare? Per molti ex parlamentari la politica è rimasta la professione principale. Una parte cospicua di essi (il 34,09%) è stata eletta al parlamento europeo nel 2014, e ha optato per la carriera a Bruxelles piuttosto che a Roma. Il 22,73% invece ha preferito le istituzioni regionali, anche se qua le modalità sono stati differenti. C’è chi come Nichi Vendola si è candidato al parlamento da governatore di regione (decidendo poi di rimanere in Puglia), o chi come Fulvio Bonavitacola che dopo oltre 2 anni di mandato in aula ha accettato l’incarico di vicepresidente della regione Campania.

Sono sei invece i parlamentari che hanno preferito incarichi di livello comunale, anche se con modalità differenti. Da Ignazio Marino e Dario Nardella che hanno deciso di dimettersi per motivi personali all’inizio della campagna elettorale e prima ancora di essere eletti (rispettivamente a sindaco di Roma e Firenze), a chi ha preferito avere la certezza di essere eletto per far scattare l’incompatibilità (per esempio Bitonci a Padova, Biffoni a Prato e Decaro a Bari).

Ci sono vari aspetti della questione che non vanno come dovrebbero andare. Il primo problema riguarda l’incapacità dei nostri politici di portare a termine il proprio mandato. Quelli che hanno terminato in anticipo l’incarico, decidendo di fare politica altrove (per esempio al parlamento europeo), hanno di fatto tradito un impegno con gli elettori. Altri due problemi riguardano la modalità in cui tutto ciò avviene. Innanzi tutto candidarsi per un altro incarico solo per far prendere voti alla propria lista, sapendo che poi non si andrà mai a ricoprire quel ruolo, è sintomo di una vita partitica non particolarmente sana (vedi il caso Nichi Vendola in Puglia). In secondo luogo, una volta che ci si candida ad un altro incarico, pur essendo già parlamentare, sarebbe il caso di dimettersi subito, senza aspettare un’eventuale elezione e senza far scattare l’incompatibilità. Sarebbe un gesto di rispetto nei confronti delle istituzioni e dei cittadini.

 

Per approfondire: