Torino, -49,2% di contributi statali in dieci anni

La dipendenza del comune di Torino dai contributi statali è cresciuta costantemente tra 2005 e 2008, per poi crollare ai minimi nel 2011. Negli anni successivi i trasferimenti, pur tornati a crescere, sono rimasti su livelli inferiori rispetto al passato.

Nei primi due anni analizzati, 2005 e 2006, l’indice di dipendenza del comune di Torino si trovava perfettamente in linea con quello registrato per le città sopra 500mila abitanti (il gruppo di riferimento usato per i confronti). Come specificato nel grafico, questo indice misura il ricorso da parte del comune a contributi e trasferimenti dallo stato.

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Negli anni successivi, Torino è diventata più dipendente dall’amministrazione centrale (fino al massimo registrato nel 2008, quando l’indice ha sfiorato il 32%). In questi anni, comunque, il capoluogo piemontese è risultato più autonomo dallo stato rispetto alle altre città più popolose.

L’introduzione dell’imu ha riportato maggiore autonomia finanziaria. Nel 2011 l’indice crolla all’1,63% – il minimo registrato nell’intero arco temporale. Risalito oltre il 15% nel 2013, l’anno seguente è tornato sullo stesso livello del gruppo di riferimento, poco sopra il 7%.

Per quanto riguarda i trasferimenti dello stato, nel 2005 ammontavano a 191 euro pro capite, mentre dieci anni dopo questa cifra si è quasi dimezzata (-49,2%), calando a 97 euro. Aggregando il dato per i sindaci, l’amministrazione di Chiamparino ha beneficiato, annualmente, di circa 319 euro per ogni cittadino, mentre quella di Fassino si è fermata sotto i 100 euro annui pro capite.

Per approfondire:

Un pensiero su “Torino, -49,2% di contributi statali in dieci anni

  1. Luca Nasi

    Credo che questi dati si spieghino in parte con l’abolizione dell’ICI nel 2008 da parte del governo Berlusconi, e con l’introduzione dell’IMU da parte del governo Monti e poi TASI con Letta nel 2013 ecc…
    Interessante il dato del 2013 dove Torino ottiene più soldi della media di riferimento, forse Fassino presidente dell’ANCI ha giocato a suo vantaggio… ai posteri l’ardua sentenza.

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