Milano, +13,3% di pressione fiscale in dieci anni

Come nelle altre città maggiori, anche nel capoluogo lombardo tasse e imposte comunali nell’ultimo decennio sono aumentate. Ma la pressione fiscale locale, in barba a ogni principio di federalismo, è cambiata più in funzione di provvedimenti nazionali che di scelte locali. 

All’inizio della rilevazione, nel 2005, tra le quattro città osservate – Roma, Torino, Napoli e Milano – quest’ultima è quella con la pressione fiscale di gran lunga più alta: 861 euro pro capite. Nello stesso anno, il valore medio delle città con più di 500mila abitanti è circa 635 euro pro capite.

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Negli anni successivi il carico fiscale medio scende, fino a toccare il valore minimo nel 2009, con € 434,83. Ritorna a salire con l’introduzione dell’imu, raggiungendo il picco nel 2012, con 972,91 euro pro capite. Un record superato nel 2014: nell’ultimo anno per cui abbiamo a disposizione i dati, la pressione fiscale supera i 975 euro per ogni milanese.

Analizzando le entrate fiscali aggregandole in base al sindaco in carica, possiamo fare dei confronti tra le amministrazioni che si sono succedute a Milano. Per la giunta Albertini disponiamo di un solo anno, il 2005. Più interessante invece un confronto tra Moratti (2006-2010) e Pisapia (2011-2014). Con Moratti la pressione fiscale pro capite media annua è stata di 538 euro, il 22,76% in più rispetto alle altre grandi città. Negli anni di Pisapia il dato risale a 860,73 euro pro capite, un valore più in linea con quello registrato nelle città sopra 500mila abitanti (+3,98%). La ragione è che il sistema di tassazione locale introdotto dopo il 2011 ha riallineato i valori nelle grandi città. Perciò la pressione fiscale – in barba a ogni principio di federalismo – è cambiata più in funzione di provvedimenti nazionali che di scelte locali.

 

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