La crisi degli investimenti locali

Uno degli aspetti più dirompenti della crisi economica è stato il crollo degli investimenti, pubblici e privati. La quota di spesa che i comuni hanno destinato a opere pubbliche e infrastrutture è fortemente diminuita negli ultimi dieci anni. Vediamo perché e come.

La ragione è in primo luogo da attribuire alle regole sempre più stringenti della finanza pubblica locale e nazionale. Anche per rispettare il nuovo patto di bilancio europeo, è diventato ineludibile rendere sostenibili i conti pubblici. Lo stato ha coinvolto anche i comuni nel processo di risanamento, inasprendo il patto di stabilità interno, quel meccanismo che vincola le spese degli enti locali.

Buona parte del bilancio dei comuni è rigido, essendo costituito da stipendi e spese per il rimborso dei prestiti, uscite che nessun sindaco ha davvero possibilità di ridurre, almeno nel breve periodo. Quindi le prime spese ad essere state sacrificate non sono state quelle correnti, ma quelle straordinarie, in conto capitale: ovvero quelle per investimenti.

Gli effetti macroeconomici di questa scelta, in parte obbligata, degli enti locali italiani sono discussi. Da più parti è stato argomentato che la crisi degli investimenti pubblici ha aggravato la recessione. Anche per questo con l’ultima manovra finanziaria (2016), il patto di stabilità interno è stato molto alleggerito.  

In attesa di vedere che effetti sortirà, può essere utile avere una panoramica degli ultimi 10 anni nelle 4 grandi città che andranno al voto. Lo faremo attraverso un’indicatore presente sulla piattaforma openbilanci.it: la propensione ad investire. Questo parametro misura la parte di spese che il comune decide di dedicare a progetti di lungo termine per lo sviluppo del territorio, ovvero le spese in conto capitale, rispetto alle spese correnti. È calcolato in percentuale sulla media degli ultimi tre anni: maggiore è il valore, più alta è la propensione del comune ad investire.

Tutte e quattro le città, tra 2005 e 2014, hanno ridotto la loro propensione a investire, pur con andamenti diversi tra loro.

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Milano è la città dove il crollo degli investimenti è stato più radicale : una discesa costante dal 509,56% del 2005 al 42% del 2014.  Anche nell’altra grande città del nord, Torino, il livello di investimenti è sceso drasticamente. Era attorno al 70% fino al 2007, ed è sceso fino al 12,66 nel 2014: il dato più basso di tutte le città prese in esame. Roma mostra un andamento peculiare: la propensione ad investire sale dal 42% al 55% tra 2005 e 2009, per poi ridiscendere. Nel 2014 si attesta al 20,62%. A Napoli la variazione più contenuta: dal 28,25% del 2005 al 22,58% del 2014.

 

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