L’equilibrio di genere nella riforma dei partiti politici

Tra i testi presentati per la riforma in discussione alla camera ce ne sono due che si occupano di promuovere la presenza delle donne nei partiti e nelle istituzioni. Nelle amministrazioni locali interventi normativi in questo senso stanno producendo i risultati sperati.L’attuale parlamento conta la più alta presenza femminile della storia repubblicana: le donne sono il 29,6% al senato e il 31,3% alla camera. Un record a cui si è arrivati con grande lentezza (solo nella legislatura precedente le donne erano il 18% al senato e il 20% alla camera) e che non è affiancato da una omogenea presenza anche in altri livelli istituzionali.

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Eppure qualcosa sta cambiando, anche per effetto di interventi normativi ad hoc. Per esempio, a tre anni di distanza dall’approvazione della legge 215/2012, la presenza femminile nelle amministrazioni locali è cresciuta del 38,8%. Questa legge obbliga infatti alla presentazione di liste elettorali in cui nessuno dei due sessi sia rappresentato per più di due terzi. Inoltre prevede, per gli elettori dei comuni sopra i 5000 abitanti, la possibilità di dare due preferenze, anziché una, a condizione che vadano a due candidati di sesso diverso.

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Tra le bozze di riforma dei partiti, ci sono almeno due testi incentrati sulla parità di genere, di cui uno firmato dalla deputata Pd Roberta Agstini che propone di rafforzare le indicazioni in questo senso negli statuti dei partiti. Inoltre prevede la destinazione del 10% delle fonti di finanziamento raccolte dai partiti alla promozione della partecipazione femminile alle istituzioni politiche, e l’obbligo di organizzare scuole e corsi di formazione per donne e giovani, con percorsi formativi specifici sulle politiche di genere. lnfine si ipotizza di istituire un fondo per il sostegno alle donne nei partiti politici, con una dotazione di 5 milioni di euro annui.

Un’altra bozza è invece presentata da Elena Centemero, deputata Fi-Pdl. Questo testo parte dalla promozione di un maggiore equilibrio di genere non solo nelle cariche elettive ma a tutti i livelli istituzionali e nei mezzi di comunicazione, fino all’accesso ai mezzi di informazione nei programmi di comunicazione politica e durante le campagne elettorali, attraverso una modifica della legge sulla par condicio.

Di queste proposte però sembra non esserci traccia nel testo unificato in esame alla commissione affari costituzionali, a parte un generico richiamo all’articolo 51 della costituzione.

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