Cosa prevede il ddl Cirinnà su unioni civili e convivenze

Pensione, alimenti, casa comune, successione. Per molti aspetti simili al matrimonio, le nuove norme contengono però alcune novità. Come la scelta del cognome e l’assenza dell’obbligo di fedeltà per le coppie dello stesso sesso. La stepchild adoption non c’è, ma in realtà esiste già.

Dopo il travagliato dibattito al senato (basta ricordare i 5739 emendamenti), il ddl Cirinnà è arrivato alla camera strutturato in un solo articolo diviso in 65 commi. Il voto definitivo è previsto prima della metà di maggio. La proposta di legge è articolata in due parti principali: dal comma 1 al 35 disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso; dal comma 36 al 65 regola invece le convivenze di fatto, che possono essere stabilite tra coppie sia omosessuali sia eterosessuali.

Quali sono i diritti e i doveri connessi all’unione civile è stabilito dall’art. 11, che recita:

“Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni”.

Si tratta nella sostanza delle stesse indicazioni contenute nell’art. 143 del codice civile sul matrimonio. Le unioni civili sono dunque molto simili al matrimonio, ma presentano alcune novità. Per esempio la cancellazione dell’obbligo di fedeltà, che dunque non riguarda le unioni civili ma rimane valido per gli sposi.

Inoltre, a differenza delle coppie sposate, le coppie legate da unione civile non possono adottare. In una prima versione del testo era stata prevista la possibilità, per la coppia omosessuale, di chiedere l’adozione del figlio minorenne (anche adottivo) del partner, la cosiddetta “stepchild adoption”. Una possibilità che ha sollevato molte polemiche, e che alla fine è stata stralciata dal testo. Ma che in realtà è già prevista dall’articolo 44, lettera b) della legge n. 184 del 1983, nella parte della norma sulle adozioni dedicata ai casi particolari. In effetti se ne trovano già diversi esempi nella giurisprudenza, anche se uno specifico passaggio normativo avrebbe forse velocizzato questo tipo di interventi.

I partner nel registrare la propria unione devono indicare una residenza comune e possono scegliere il regime patrimoniale della coppia (comunione o separazione dei beni). Come per il matrimonio, il comma 13 stabilisce infatti che il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, ma si può scegliere di tenere separati le proprietà dei singoli. Mentre il comma 21 estende alle unioni civili il riconoscimento dei diritti di successione. Inoltre il cognome dell’unione civile può essere stabilito di comune accordo e ciascuno dei partner potrà scegliere se accettare il cognome dell’altro, e in caso se anteporlo o posporlo al proprio.

Più in generale il comma 20 estende diritti e doveri delle coppie sposate (a eccezione delle adozioni), compresa la pensione di reversibilità (di cui infatti si valuta la copertura finanziaria).

Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

Così per esempio anche per le unioni civili, in caso di morte di un partner lavoratore, è previsto il versamento al superstite del tfr e dell’indennità da parte del datore di lavoro.  Simile al matrimonio anche la disciplina in caso di scioglimento delle unioni civili . Come per il divorzio, il giudice può riconoscere un assegno di mantenimento in favore del partner incapace di sussistenza. Rimangono invece da stabilire tramite appositi decreti attuativi le regole per la trascrizione di matrimoni omosessuali contratti all’estero.

Dal comma 36 la legge passa invece a disciplinare le convivenze di fatto (sia omo che eterosessuali), che possono essere stabilire dimostrando a livello anagrafico di coabitare, riprendendo il concetto di famiglia anagrafica stabilito dal d.p.r 223 del 1989. La novità forse più interessante sotto il profilo giuridico è l’introduzione del “contratto di convivenza“, con cui i conviventi possono regolare, del tutto liberamente, gli aspetti patrimoniali relativi alla loro vita in comune (commi 50-63). Il contratto deve essere scritto e autenticato, deve essere trasmesso al comune di residenza e ha tutte le caratteristiche degli accordi privati, per cui potrà essere modificato o sciolto in qualsiasi momento.

Ai conviventi vengono estesi alcuni diritti dei coniugi in caso di malattia, carcere o morte di uno dei due . In particolare anche i conviventi avranno il diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in ambito sanitario, con la possibilità di designare l’altro come proprio rappresentante o di prendere decisioni in caso di incapacità di intendere e di volere o di morte (per esempio per la donazione degli organi). Si ribadisce inoltre per i conviventi il diritto alle visite in carcere, già previsto dall’ordinamento penitenziario.

Sono inoltre riconosciuti alcuni diritti in merito alla casa dove si stabilisce la convivenza (in assenza di altri specifici accordi). In caso di morte del convivente proprietario della casa, il superstite ci può rimanere per due anni o per la durata della convivenza se questa è stata registrata per più tempo, ma massimo cinque anni. Se sono presenti figli minorenni del convivente deceduto si può rimanere per tre anni. Se invece si stava in affitto, il superstite può succedergli nella conduzione del contratto.

I conviventi avranno inoltre gli stessi titoli delle coppie sposate nelle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi di edilizia popolare (comma 45). Infine dal comma 50 al 63 si disciplina la possibilità, per i conviventi, di stipulare tra loro un contratto di convivenza con cui stabilire i propri rapporti patrimoniali. Il contratto deve essere scritto, e deve essere un atto pubblico o una scrittura privata autenticata, e può essere sciolto, tra le varie possibilità, per comune accordo o per recesso unilaterale.

Anche per i conviventi, in caso di rottura dell’unione, è prevista la possibilità di riconoscere il pagamento degli alimenti alla persona che non possa provvedere da sé (come previsto dall’articolo 438 del codice civile). Ma l’entità del versamento sarà da stabilire in base alla durata della convivenza.

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