Gli effetti di un referendum, cosa succede il giorno dopo

Cosa succede quando un referendum abrogativo viene approvato? Cosa deve fare il parlamento? Che limiti ci sono alla volontà espressa dal voto? Cosa dice la costituzione  e cosa è successo negli ultimi anni.

I referendum popolari regolati dall’articolo 75 della costituzione danno la possibilità ai cittadini italiani di abrogare, in maniera totale o parziale, una legge o un atto avente valore di legge. Ma cosa succede il giorno dopo il voto?

La legge 352 del 1970 regola le cose che devono accadere per rispettare l’esito del voto, negativo o positivo che sia. L’articolo 38 sancisce che qualora l’esito della consultazione sia negativo, non potranno essere proposti referendum per l’abrogazione della stessa legge per un periodo di 5 anni. Qualora invece il quesito venga approvato, l’articolo 37 dispone che il presidente della Repubblica debba dichiarare l’avvenuta abrogazione della legge tramite decreto pubblicato in gazzetta ufficiale. L’abrogazione ha valore dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto.

Ma una volta che una norma è stata cancellata, o parzialmente cancellata, da un referendum popolare, è possibile per il parlamento o il governo ri-legiferare sulla materia? Come sancito dalla sentenza 199 (2012) della corte costituzionale la risposta è no, ma come sempre ci sono delle eccezioni:

Un simile vincolo derivante dall’abrogazione referendaria si giustifica, alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale, al solo fine di impedire che l’esito della consultazione popolare, che costituisce esercizio di quanto previsto dall’art. 75 Cost., venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l’effetto utile, senza che si sia determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico, né delle circostanze di fatto, tale da giustificare un simile effetto

Non è dunque possibile per parlamento e governo modificare quanto deciso dagli elettori, a meno che non si verifichino dei cambiamenti strutturali del quadro politico, o del contesto generale. Definizione ambigua e aperta a infinite interpretazioni, e che rende possibili le eccezioni. E a proposito di eccezioni, come dimenticare il referendum del 1993 per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, di fatto poi reintrodotto lo stesso anno dal parlamento sotto forma di rimborso elettorale.

Ed è quello che, secondo alcuni, sta avvenendo all’esito del referendum 2011 sull’acqua pubblica. Sulla materia è stato presentato un disegno di legge dall’intergruppo parlamentare “Acqua bene comune”, composto da tutti i parlamentari di Movimento 5 stelle e Sel, da una ventina di appartenenti al Pd e da un deputato di Scelta civica. Il provvedimento è però già al centro di tante polemiche per gli emendamenti proposti dal governo, accusato di andare contro la volontà dei cittadini da membri dell’opposizione e del comitato promotore

Insomma, mentre su carta il “cosa succede il giorno dopo” sembra essere molto chiaro, in pratica, come sempre, il contesto politico, e il dibattito parlamentare, possono dare adito a situazioni poco chiare.

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