AgID, la vecchia mentalità che ci allontana dall’innovazione

Il Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale si è dimesso per candidasi in Veneto con il Pd. Il Governo ha aperto un bando di selezione ma non esclude di riorganizzare le strutture. Nella mancanza di un dibattito pubblico, l’Italia è 25° nella classifica dei 28 Stati UE più digitalizzati

Sebbene avesse un contratto di 3 anni, dopo appena 8 mesi Alessandra Poggiani ha rimesso nelle mani del Ministro vigilante – on. Madia, Semplificazione e Pubblica Amministrazione  – l’incarico di Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Correrà con il Pd per un seggio regionale in Veneto candidandosi a Venezia, dove aveva guidato Venis spa la società informatica del Comune.

L’attenzione data dai media alla vicenda ha seguito uno schema consolidato quando si tratta di avvicendamenti nei posti di comando: la stampa pubblica uno sfogo/confidenza dell’interessato, che poi parzialmente rettifica smentendo alcune cose, per poi finire con un comunicato ufficiale di ringraziamento per tutti.

Così – senza nessuno strascico e in piena concordia – ognuno può pensare alle proprie prossime incombenze, fra sostituti da nominare e campagne elettorali da organizzare.
Ed è evidente come ai soggetti coinvolti convenga girare in fretta pagina, prima che la situazione possa procurare qualche imbarazzo.

Stona la disinvoltura eccessiva con cui si è voluto passare dall’ambito pubblico a quello privato facendo un conteggio unico di incarichi, opportunità e professionalità per trovare un accordo che facesse contenti tutti. Il Presidente del Consiglio che nomina – per competenze tecniche – il vertice di una delle principali agenzie statali diventa dopo 8 mesi il segretario di partito che candida – per vicinanza politica – la stessa persona nelle proprie liste. Il tutto senza soluzione di continuità.

La sensazione è che si voglia evitare di aprire una discussione approfondita su AgID – competenze, organizzazione, risultati – che possa chiarire il motivo del collasso del suo vertice (qualcosa nello sfogo/confidenza pubblicato dalla stampa sarà pure vero) ma che sopratutto porti ad un confronto serio sulla strategia che il Paese ha sul digitale.

Infatti ad essere certo è l‘enorme ritardo accumulato dall’Italia nell’attuazione dell’Agenda Digitale Europea, ben riassunto dal bassissimo punteggio DESI (indice dell’economia e della società digitali) che la colloca al 25esimo posto nella classifica dei 28 Stati membri UE.

Desi_2015

Il DESI è un indice composito elaborato dalla Commissione UE per valutare lo stato di avanzamento degli Stati membri verso un’economia e una società digitali. Aggrega una serie di indicatori strutturati intorno a cinque dimensioni: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione della tecnologia digitale e servizi pubblici digitali.

Se però proviamo ad andare oltre il singolo evento – appunto le dimissioni della Poggiani – ci rendiamo subito conto come prima ancora di entrare nelle merito – cosa che comunque bisognerà fare – veniamo a scontrarci con un’impostazione tutta da rivedere.

Due semplici esempi su tutti.

Innanzitutto la verifica di quello che è stato fatto. Trattandosi di un settore strategico che abbraccia diversi ambiti è ovvio aspettarsi una documentazione copiosa con anche elementi tecnici. Se però prendiamo l’elaborato di sintesi rivolto ai non addetti ai lavori è evidente come la Commissione UE stia facendo un monitoraggio con indicatori, confronti e andamenti nel tempo mentre AgID sbrighi la questione con un’infografica di cui uno dei punti è “abbiamo rimesso in moto la macchina”.

Altro elemento poi riguarda la procedura di selezione del nuovo Direttore Generale. La precedente occasione era stato motivo di vanto per il Governo – che dichiarava di aver “fatto tutto online” – a tal punto da aver annunciato che seguirà la stessa strada.

I passi principali erano stati:1-pubblicazione bando online 2-pubblicazione dei nomi dei partecipanti 3-comunicazione del vincitore.

Seguendo la stessa scaletta diamo alcuni suggerimenti per introdurre elementi minimi se non di trasparenza almeno di serietà:

  1. nel bando indicare quali saranno i parametri su cui sarà fatta la valutazione e a chi spetterà il compito di selezionare.
  2. prima che la selezione sia fatta pubblicare non solo i nomi dei partecipanti ma sopratutto i loro curricula e le proprie proposte per l’Agenzia.
  3. l’atto conclusivo deve essere la pubblicazione di un graduatoria con punteggi.

Per produrre realmente dei cambiamenti la scelta del nuovo capo di AgID deve essere parte di un passaggio verso una diversa mentalità che – ad esempio – ponga come obiettivo principale l’operatività e la continuità dei progetti, mettendo in secondo piano il marketing e gli eventi.

Altrimenti, probabilmente nel 2016 mentre il Governo sarà impegnato nell’individuare l’ennesima personalità per a quel punto chissà quale struttura, l’Italia sarà sempre più lontana dall’innovazione.

 

Per approfondimenti:

Un pensiero su “AgID, la vecchia mentalità che ci allontana dall’innovazione

  1. cini

    La strategia applicata dai nostri politici per poter governare a piacere il Paese è quella di mantenere al più lungo possibile i cittadini in uno stato di arretratezza tecnologica in quanto a innovazione in confronto a quelli del resto dell’Ue. Con ciò non voglio dire che loro, la maggioranza dei nostri politici siano aggiornati, anzi loro stessi sono lontanissimi dall’innovazione. Vergogna!

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