Spesa Militare, in Italia è l’1,3% del Pil

Con le recenti crisi internazionali in Medio Oriente e Ucraina si è tornato a parlare di spesa militare. La NATO dice che dovrebbe essere il 2% del Pil, il nostro Paese si ferma all’1,3%

Nell’ultimo vertice Nato in Galles si è discusso in particolare della crisi con la Russia e della minaccia dell’Isis. Il nuovo scenario globale ha spinto i Paesi dell’Alleanza Atlantica a sottolineare di nuovo la comune necessità di portare il livello della spesa militare di ogni paese fino al 2% del proprio Pil nazionale.

Un impegno storicamente molto caro alla Nato, che però vede molti pochi Paesi adempienti. Come se non bastasse questo numero si riduce ancora di più, se si va a vedere quanti di questi facciano parte dell’Unione Europea. Nel 2012 nel Vecchio Continente sono solamente due gli Stati che hanno raggiunto la soglia del 2%: Regno Unito (2,3%) ed Estonia (2%).

Leggermente sotto la soglia nella classifica Ue troviamo la Francia (1,9%), Cipro (non membro Nato al 1,8%), Polonia (1,7%) e Grecia (1,7%). Con una media Ue che si attesta intorno all’1,5%, il nostro Paese si trova molto in fondo al ranking continentale. In un periodo storico in cui vengono costantemente messi in discussione sia i rifinanziamenti alle missioni militari, che l’acquisto degli F-35, l’Italia spende molto di meno rispetto ad altri Paesi Ue.

Nel 2012 l’Italia impiegava in spese militari circa l’1,3% del proprio Pil. Fra i grandi Paesi dell’Unione Europea, dietro di noi solo Germania (1,2%) e Spagna (1%).

 

Spesa militare in percentuale al Pil (dati 2012)

Per approfondimenti:

9 pensieri su “Spesa Militare, in Italia è l’1,3% del Pil

  1. Brizzo

    a mio avviso il vostro grafico andrebbe letto al contrario mettendo ai primi posti i paesi con la spesa militare minore;

    si potrebbe così ragionare sul fatto che se i primi due paesi, spagna e germania, affrontano l’attuale crisi con esiti molto diversi forse tali spese non influenzano significativamente l’economia di queste nazioni e forse anche all’Italia potrebbe convenire estendere la spending review alle spese militari per investire in altri settori.

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  4. Enrico Galavotti

    Se eliminassimo le basi Nato non faremmo prima? Il Patto di Varsavia è da un pezzo che non esiste più. Come minimo dovremmo dire agli americani che se vogliono tenere le loro basi nel nostro paese se le devono pagare loro interamente. Altrimenti aria… Noi non sappiamo che farcene. Non c’è nessun paese al mondo che abbia intenzione di attaccare l’Italia da giustificare tante basi del genere.

  5. Gianfranco Ghironi

    Concordo pienamente col ragionamento di Enrico Galavotti. Dico anche di più: non ce ne altro che giustifichi le servitù militari che abbiamo in Italia, sia in Puglia che in Friuli nè, tantomeno, in Sardegna. E’ veramente assurdo che anche “OpenPolis”, in qualche misura, sostenga le motivazioni che dovrebbero portarci ad aumentare la spesa militare, per raggiungere così il 2% del PIL, come chiede la NATO. La NATO? Il Patto Atlantico va rivisto profondamente ed anzichè incentivare spesa militare è assolutamente indispensabile aumentare posti di lavoro (per giovani e non) aiutando le PMI e il “popolo” delle partite IVA; rafforzare istruzione pubblica e formazione post diploma e laurea; migliorare sanità anzichè demolirla a favore di quella privata, etc., etc..! Non scherziamo. Su questi argomenti sta sollevandosi un’ondata di sdegno popolare senza precedenti, di cui non sarà possibile non tenere conto, senza contraccolpi anche e soprattutto elettorali per chi ci Governa. In Sardegna abbiamo finalmente iniziato, in modo compatto, la lotta contro le servitù militari ! Siamo contro il loro utilizzo per ogni tipologia esercitativa da parte di qualsiasi stato. Siamo contro l’acquisto degli F35 anche perchè, e concludo, tale spesa sarà a carico contribuenti e ci impedirebbe di pagare regolarmente tasse/tributi/ imposte e balzelli vari tramite gli… F23 e gli F24. Buona riflessione!

    1. admin Autore articolo

      L’intento di questo post non è caldeggiare la corsa agli armamenti, ma fornire dati che alimentino una discussione più approfondita sia sulla politica estera italiana che sulle priorità della spesa pubblica.
      Raggiungere l’obbiettivo NATO del 2% del PIL per l’Italia significa trovare per il prossimo anno altri 14 miliardi di euro da destinare alla difesa. Quindi la situazione è molto complessa e non può essere considerata conclusa semplicemente con l’invio in Kurdistan di vecchie armi confiscate durate la guerra in ex-Jugoslavia.

  6. Alessandro Mogavero

    Io sinceramente non sono d’accordo nel considerare di secondaria importanza la spesa militare. La spesa militare serve come deterrente alla guerra, serve per difesa; serve a dare stabilita’ che di conseguenza porta sviluppo economico. Teniamo presente che la condizione attuale di pace globale (a meno di conflitti locali) e’ garantita dalla potenza militare USA e anche dalle basi NATO che gli USA utilizzano per difendere noi europei. Se ad oggi nessuno minaccia di attaccare l’Italia e’ solo grazie alla protezione che ci garantisce l’appartenenza alla NATO.
    Tuttavia dobbiamo capire che non e’ detto che gli USA siano sempre disposti a badare alla sicurezza dell’Europa, potrebbero anche loro decidere di tagliare e allora taglierebbero prima noi di sicuro.
    Una maniera che l’Europa avrebbe per dotarsi di un sistema di difesa efficiente senza spendere tanto, sarebbe quello di unire tutti i sistemi in un unica difesa comunitaria.
    Oggi la questione dell’Ucraina fa emergere quanto vulnerabile sia l’Europa dal punto di vista della difesa, tagliare ulteriormente l’investimento in questo ambito sotto la bandiera di un pacifismo utopistico e’ per me un errore matornale.

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