Perché i cambi di gruppo sono un problema

Da inizio legislatura ci sono stati 502 cambi di gruppo. L’esplosione del fenomeno solleva questioni: dalla mancanza di accountability alla rottura del legame elettorale fra cittadini e parlamentari. Bisogna pensare a soluzioni, iniziando con una riforma dei regolamenti di camera e senato.

Come siamo arrivati a 502 cambi di gruppo

Sono passati poco più di 4 anni dalla elezioni politiche del 2013. In 51 mesi di legislatura ci sono stati 502 cambi di gruppo, circa 10 al mese . Un giro di valzer infinito che ha coinvolto 324 parlamentari, il 34,11% dell’aula. Negli ultimi giorni 4 cambi di casacca hanno ulteriormente movimentato l’aula.

Al senato Enrico Piccinelli e Domenico Auricchio hanno lasciato Ala-Scelta civica e sono tornati in Forza Italia. A Palazzo Madama il totale dei cambi sale così a 227 con 133 senatori coinvolti, il 41,56% del senato. Alla camera Salvatore Matarrese e Pierpaolo Vargiu sono usciti da Civici e innovatori per entrare nel gruppo Misto. A Montecitorio salgono a 275 i cambi di gruppi, portati a termine da 191 deputati, il 30,32% dell’aula.

I cambi di gruppo nella XVII legislatura (governi Letta, Renzi e Gentiloni) sono quasi il doppio rispetto a quelli della XVI. Dal 2008 al 2013 (durante i governi Berlusconi e Monti) si erano “fermati” a 261 (165 alla camera e 96 al senato), circa 4,5 al mese. In totale furono coinvolti 180 parlamentari, 120 deputati e 60 senatori.


Rapporto fra elettori ed eletti

Una delle conseguenze più negative di questa fase politica è il deterioramento della relazione fra cittadini e parlamentari. La generale sfiducia nei confronti delle istituzioni, che da anni caratterizza il nostro paese, è stata amplificata dal crescente numero di cambi di gruppo. Aumentati di oltre il 90% rispetto alla scorsa legislatura, hanno contribuito a rivoluzionare drasticamente quanto sancito dai cittadini durante le ultime elezioni del 2013.

Le principali liste che sono entrate in parlamento dopo le politiche sono fortemente cambiate. Il Popolo delle libertà si è diviso in Forza Italia e Alternativa popolare, Scelta civica per l’Italia ha eletti sparsi in Civici e innovatori, Democrazia solidale-Centro democratico, Scelta civica-Ala. Sinistra ecologia e libertà dalla coalizione “Italia.Bene comune” con il Pd è passata all’opposizione ed è ora protagonista della transizione in Sinistra Italiana in un’alleanza con Possibile.

Fra le principali liste, solamente Partito democratico e Movimento 5 stelle sembrano essere relativamente intatte, ignorando (se possibile) la “scissione” dem che ha portato alla nascita di Art.1-Mdp e i tanti fuoriusciti dal Movimento 5 stelle. Anche Lega nord e Fratelli d’Italia, parlando di liste minori, hanno mantenuto la loro conformazione originale. Escludendo il gruppo Misto, alla camera solamente 4 gruppi su 11 sono una diretta emanazione di quanto sancito dopo le politiche 2013 (Pd, M5s, Ln e Fdi), e lo stesso discorso vale per il senato (3 su 10, Pd, M5s e Ln).

In un certo senso a causa dei cambi di gruppo, lo scenario politico creato grazie al coinvolgimento elettorale dei cittadini durante le elezioni, ora non esiste più.

Comprensione dei processi politici

Nel parlamento italiano si è creato un clima di crescente confusione politica. Un problema su tutti riguarda i nomi dei gruppi parlamentari, che nel corso della legislatura sono cambiati in continuazione. Quando gli “Alfaniani” sono usciti dal Popolo delle libertà il 18 novembre 2013 il gruppo si chiamava “Nuovo centrodestra“, a dicembre del 2014 è diventato “Area popolare (Ncd-Udc)”, a dicembre del 2016 è cambiato in “Area popolare-Ncd-Centristi per l’Italia”, a febbraio del 2017 in “Area popolare-Ncd-Centristi per l’Europa” e finalmente a marzo dello stesso anno in “Alternativa popolare-Centristi per l’Europa-Ncd”. Cambiamenti che non hanno modificato in nessun modo il collocamento politico o la composizione del gruppo, e che spesso solo il risultato di accordi o alleanze parlamentari raramente comunicate pubblicamente. Esempio molto simile riguarda Grandi autonomie e libertà che per dare spazio alle sue tante componenti ha cambiato denominazione 14 volte:

  1. Grandi Autonomie e Libertà
  2. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Libertà e Autonomia-noi SUD, Movimento per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l’Italia)
  3. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Libertà e Autonomia-noi SUD, Movimento per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l’Italia, Italia dei Valori)
  4. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Libertà e Autonomia-noi SUD, Movimento per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l’Italia, Italia dei Valori, Vittime della Giustizia e del Fisco)
  5. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Movimento per le Autonomie, Nuovo PSI, Popolari per l’Italia, Italia dei Valori, Vittime della Giustizia e del Fisco, Federazione dei Verdi)
  6. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Federazione dei Verdi, Moderati)
  7. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Federazione dei Verdi, Moderati, Movimento Base Italia)
  8. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Federazione dei Verdi, Moderati, Movimento Base Italia, Idea)
  9. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Movimento Base Italia, Idea, Euro-Exit)
  10. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Idea, Euro-Exit, M.P.L.-Movimento politico Libertas)
  11. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Idea, Alternativa per l’Italia, Euro-Exit, M.P.L. – Movimento politico Libertas)
  12. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Idea, Euro-Exit, M.P.L. – Movimento politico Libertas)
  13. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Idea, Euro-Exit, M.P.L. – Movimento politico Libertas, Riscossa Italia)
  14. Grandi Autonomie e Libertà (Direzione Italia, Idea, Grande Sud, Moderati, M.P.L. – Movimento politico Libertas, Riscossa Italia, Euro-Exit)
  15. Grandi Autonomie e Libertà (Direzione Italia, Grande Sud, M.P.L. – Movimento Politico Libertas, Riscossa Italia)

La mutazione continua di Gal ci permette di introdurre un’altra questione. Nella XVII legislatura, come abbiamo già avuto modo di raccontare, è diventata molto comune la creazione di gruppi multi-partitici: componenti politiche che si uniscono per raggiungere la soglia minima di membri necessari per creare un gruppo. Il problema è che la creazione di componenti politiche da regolamento è contemplata solo nel gruppo Misto, dove ogni membro deve specificare di quale fa parte. Negli altri gruppi, non essendo previste, è diventata prassi aggiungere il nome dei diversi movimenti al nome del gruppo. Attualmente però è impossibile tracciare chi fa parte di quale componente. All’interno di Sinistra italiana – Sinistra ecologia e libertà – Possibile (Si-Sel-Pos), per esempio, formalmente non è dovuto sapere chi fa parte di cosa.

Il cittadino medio si trova in difficoltà non solo per la mancanza di trasparenza ma anche perché il tutto è di difficile comprensione. Lo stesso avviene per quei partiti politici nati dopo le elezioni del 2013 che hanno creato un gruppo parlamentare in corso di legislatura, e che dopo pochi mesi sono confluiti in altri gruppi (vedi il caso “Conservatori e riformisti“, poi confluito in Gal con il nome Direzione Italia).

Sigle, movimenti e componenti spesso poco conosciuti, che non hanno sempre rilevanza nazionale, che non hanno partecipato alle ultime politiche e che in alcuni casi non parteciperanno neanche alle prossime. Eventi che hanno chiaramente una diretta influenza su quanto viene deciso dall’aula, ma che sembrano essere troppo distanti da dinamiche reali di rappresentatività nel paese.

Cosa bisogna fare

L’articolo 67 della costituzione italiana sancisce il diritto per gli eletti di esercitare le proprie funzioni senza vincolo di mandato. Un diritto che permette a deputati e senatori di agire liberamente, e che è alla base di una democrazia rappresentativa come la nostra. È proprio l’articolo 67 che deve essere il punto di partenza per avviare una sana discussione di riforma dei regolamenti di camera e senato. Il lavoro svolto dalla giunta per il regolamento della camera da inizio legislatura conferma quanto il tema sia attuale e soprattutto già al centro del dibattito. Il fenomeno dei cambi di gruppo e la ricorrente nascita di mini gruppi e componenti devono direzionare la discussione per trovare soluzioni. Soluzioni che non sta a noi proporre (in quanto osservatori), ma ai politici trovare (in quanto decisori).

Sicuramente però alcune indicazioni possiamo darle, elementi che potrebbero aiutare ad avere un parlamento più trasparente e soprattutto “comprensibile”:

  • Corrispondenza fra lista di elezione e primo gruppo di appartenenza: a volte informazioni chiave vengono perse fin dall’inizio, con deputati e senatori che una volta eletti con una lista non si iscrivono mai al corrispondente gruppo parlamentare;
  • Normare la presenza delle componenti nei gruppi parlamentari applicando le stesse regole del gruppo Misto: la creazione di “componenti” al di fuori del gruppo Misto non è regolata. Questo comporta due problemi: da un lato la presenza in parlamento di sigle sconosciute, che non hanno una vera e propria collocazione politica o rilevanza nazionale, dall’altro l’impossibilità di tracciare chi fa parte di quale componente.

Per approfondire: