Piccoli gruppi e regolamento della camera, spieghiamo la lite Boldrini-Renzi

Nell’ultima settimana, in seguito a una nostra analisi, il segretario del Pd Matteo Renzi e la presidente della camera Laura Boldrini hanno avuto uno scambio di opinioni sul regolamento della camera. Tra accuse e recriminazioni, facciamo il punto sulla situazione.

Il 30 maggio scorso, in mezzo al caldo dibattito sulla nuova legge elettorale, avevamo sollevato la questione dei regolamenti di camera e senato. Come rimediare all’eccessivo distaccamento fra il risultato elettorale e le dinamiche politiche dei gruppi parlamentari? Camera e senato sono al momento lo scenario di un infinito giro di valzer in cui sono ben poche le liste elettorali rimaste intatte dopo oltre 4 anni di legislatura. La nostra richiesta era quindi chiara: per discutere correttamente di una nuova legge elettorale, diventava necessario affrontare con serietà una riforma dell’art. 14 del regolamento di camera e senato, quello che regola la formazione dei gruppi parlamentari. È inutile discutere di soglie di sbarramento (come si è lungamente fatto), se poi una volta in aula si può con facilità rivoluzionare quanto deciso dalle urne.

La posizione del segretario Pd Matteo Renzi

La nostra analisi è stata ripresa dai media, e in seguito a numerosi articoli di giornale, Matteo Renzi è intervenuto sulla questione durante la quotidiana rassegna stampa #OreNove del Partito democratico.

Due le affermazioni su cui è giusto soffermarsi. La prima riguarda la richiesta di Renzi di rispettare il limite dei 20 deputati per creare un gruppo. Andare sotto questo limite, sostiene il segretario Dem, andrebbe contro il regolamento della camera. Affermazione falsa perché, come da noi sottolineato, il regolamento prevede la possibilità di andare “sotto soglia”«purché il gruppo rappresenti un partito organizzato nel paese che abbia presentato, con il medesimo contrassegno, in almeno venti collegi, proprie liste di candidati, le quali abbiano ottenuto almeno un quoziente in un collegio ed una cifra elettorale nazionale di almeno 300 mila voti di lista validi» (comma 2 dell’art. 14 – regolamento della camera). La questione non è tanto se viene rispettato o meno il regolamento, quanto la necessità di riformare il regolamento stesso.

La seconda affermazione sbagliata riguarda le spese: Renzi sostiene che più gruppi ci sono, più aumentano i costi per la camera. Il contributo che camera e senato danno ai gruppi parlamentari è fisso e stabilito da bilancio. Ammonta (bilancio 2016) rispettivamente a 31,9 e 21,3 milioni di euro, e viene ripartito tra i gruppi in essere. È quindi falso sostenere che la costante nascita di nuovi schieramenti in parlamento abbia delle ripercussioni dirette sul bilancio di Montecitorio e Palazzo Madama.

La riposta della presidente della camera Laura Boldrini

Non si è fatta attendere la replica della terza carica dello stato che ha risposto punto per punto a Matteo Renzi. Laura Boldrini correttamente afferma che le norme della camera sono state rispettate, essendo contemplata la possibilità di creare gruppi “sotto soglia”. Per quanto riguarda la questione dell’aumento delle spese a carico delle istituzioni sollevata dall’ex premier, così ha risposto la presidente della camera: «il numero dei gruppi non ha rilevanza, perché il contributo economico è una somma complessiva fissa».

Laura Boldrini aggiunge anche che le decisioni sulle deroghe vengono prese dall’ufficio di presidenza, organo composto da membri di tutti i gruppi parlamentari, e alle cui votazioni la presidente non prende parte. L’ultimo punto sollevato riguarda la riforma del regolamento della camera attualmente in discussione: «ora che la legislatura ha ancora qualche mese di lavoro, sarei ben felice che i gruppi manifestassero l’esigenza di riprendere la proposta di riforma già elaborata, affinché possa essere portata in aula. Il segretario Renzi, che è alla testa della forza politica di gran lunga più rappresentata alla camera, può dare un contributo rilevante per risolvere la questione. Basta un sì».

Come sta procedendo la riforma del regolamento della camera

La giunta per il regolamento della camera ha iniziato nel maggio del 2013 a lavorare su una riforma del regolamento di Montecitorio. A dicembre dello stesso anno è stato presentato un testo base che affrontava vari temi. Successivamente la giunta si è riunione altre 4 volte per discutere miglioramenti a procedure e meccanismi dei lavori. Come openpolis avevamo già affrontato la questione, avendo partecipato a quel processo con la nostra proposta di riforma #ParlamentoCasaDiVetro con cui chiedevamo l’introduzione del voto elettronico e del resoconto integrale nelle commissioni parlamentari.

I lavori della giunta in materia si sono poi interrotti. L’organo si è riunito in una sola occasione (il 10 marzo del 2016) per approvare il codice di condotta dei deputati e la regolamentazione delle attività di lobbying. Il 14 ottobre 2014 si è discusso quindi per l’ultima volta della riforma, con la presentazione degli emendamenti accolti dai relatori, e di quelli su cui i relatori avevano espresso parere favorevole.

Partiamo dicendo fin da subito che la proposta di riforma originale non affrontava in nessuno modo la questione da noi sollevata. L’articolo 14 (quello sui gruppi parlamentari) veniva citato, ma solamente modificando funzionamenti del gruppo Misto. In aggiunta, nessuno degli emendamenti accolti dai relatori riguardavano i gruppi parlamentari, come neanche quelli su cui avevano espresso parere favorevole.

Tra gli ultimi emendamenti presentati dai relatori però ce n’è uno, presentato dall’onorevole Pisicchio, che mirava proprio alla cancellazione della comma 2 dell’articolo 14, quello che considera la possibilità di creare gruppi “sotto soglia”. L’emendamento alzava pure da 3 a 5 il numero minimo di deputati necessari per creare una componente del gruppo Misto. Proprio nel giorno della presentazione però, la giunta per il regolamento ha deciso di sospendere ulteriori discussioni in attesa dell’esito del referendum costituzionale.

Cosa si può fare da qui alla fine della legislatura

Come sottolineato da Laura Boldrini da qui alla fine della legislatura, qualora ci fosse una reale volontà da parte dei gruppi in parlamento, si potrebbe affrontare nuovamente la questione. Riavviare l’iter alla camera sarebbe un buon inizio. Come lo sarebbe affrontare la materia anche al senato dove, in vista della riforma costituzionale che depotenziava fortemente il ruolo di Palazzo Madama, la discussione era stata interrotta.

Il tema è attuale, lo dimostrano sia le due proposte di riforma presentate nell’ultimo anno da Melilla e Giorgetti incentrate proprio su modiche all’articolo 14, sia gli emendamenti depositati in passato da Toninelli, Dieni e Vito. L’invito è a Matteo Renzi, in quanto leader nazionale del principale gruppo politico in parlamento, e a Laura Boldrini, in quanto presidente della camera e della giunta per il regolamento, di spingere per una ripresa dei lavori. Dichiarazioni e risposte sui giornali non bastano, serve una reale volontà politica nel mettere un nuovo articolo 14 al centro della riforma dei regolamenti.

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