Il parlamento e l’elezione del quindicesimo giudice costituzionale

Giovedì 4 maggio il parlamento si riunisce in seduta comune per eleggere un giudice costituzionale, ma per farlo i partiti dovranno trovare un accordo politico. L’ultima volta però ci sono voluti 32 scrutini prima di riuscire a eleggere i tre giudici che mancavano a ripristinare il plenum.

Durante il suo ultimo incontro con i presidenti delle camere il presidente Mattarella ha sollevato due temi su cui è urgente che il parlamento prenda una decisione. Uno è la legge elettorale, l’altro la nomina di un giudice costituzionale, un tema meno trattato a livello mediatico ma molto importante per il corretto funzionamento delle istituzioni.

Come abbiamo spiegato nell’InTema n.12, cinque dei quindici membri della corte vengono eletti dal parlamento in seduta comune con una maggioranza qualificata di due terzi dei componenti per i primi tre scrutini, che scende poi a tre quinti nelle votazioni successive.

Oggi la corte è formata da 14 dei 15 giudici che dovrebbero comporre il plenum. Il suo funzionamento è garantito finché almeno 11 dei membri sono presenti, dunque al momento non dovrebbero presentarsi problemi di questo tipo. Tuttavia un livello di organico ridotto porta inevitabilmente a un sovraccarico di lavoro per gli altri giudici e al rischio che l’attività della corte venga rallentata. Negli scorsi anni però, il parlamento non sembra aver tenuto in grade considerazione questo problema, visti i tempi con cui sono stati eletti gli ultimi tre giudici costituzionali.

Anche per questa elezione le camere non stanno mostrando una particolare urgenza. Il primo scrutinio si è svolto a gennaio e circa il 40% dei componenti dell’assemblea non si è presentato in aula rendendo matematicamente impossibile l’elezione (erano presenti 558 parlamentari e la maggioranza richiesta era di 634).

Fino alla terza votazione la maggioranza richiesta è molto alta, ma anche nelle votazioni successive sarà necessario un accordo politico per sbloccare la situazione di stallo che si è creata. Inoltre, rispetto a quando gli schieramenti in parlamento erano sostanzialmente due, in un sistema tripolare è molto più difficile trovare un accordo di questo tipo.

Bisogna poi chiedersi quale sia il criterio con cui si cerca il compromesso. Ovvero se si tratti di trovare una figura che sia gradita al maggior numero di parlamentari possibile o piuttosto di accontentare un’area politica con la prospettiva di ricompensare le altre con nomine successive.

Attualmente sono quattro i giudici nominati dal parlamento: Silvana Sciarra, Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti. La giudice Sciarra è stata eletta nel 2014 grazie a un accordo tra Movimento 5 stelle e Partito democratico. Sciarra era stata indicata dal Pd mentre durante la stessa seduta è stato votato un candidato indicato dal Movimento 5 stelle per il Consiglio superiore della magistratura, Alessio Zaccaria. Questa elezione è stata importante anche perché per la prima volta il parlamento ha eletto una giudice donna. Era già successo che una donna divenisse membro della consulta ma negli altri casi erano sempre state nominate dal presidente della repubblica (attualmente le giudici in carica sono tre).

Gli altri giudici sono stati eletti il 16 dicembre 2015 in seguito a un accordo tra la maggioranza e il M5s. Il nome di Franco Modugno è stato indicato dal Movimento e quello di Giulio Prosperetti dal Nuovo centro destra. Infine Augusto Barbera, eletto in quota Pd, è l’unico tra i giudici attualmente eletti dal parlamento ad aver ricoperto incarichi politici. Barbera è stato infatti deputato in diverse legislature, prima con il PCI e poi con i Ds, nel 1993 è stato inoltre ministro dei rapporti con il parlamento nel governo Ciampi.

Da quanto detto risulta quindi che Forza italia è rimasta tagliata fuori dalla scelta degli ultimi quattro giudici costituzionali. Peraltro il giudice Giuseppe Frigo, che si è dimesso a novembre per ragioni di salute e che il parlamento è ora chiamato a sostituire, era stato eletto nel 2008 proprio in quota centro destra.

Per ora un accordo tra le forze politiche non sembra essere stato raggiunto e, al netto di sorprese, è facile immaginare che anche questa volta l’elezione si risolverà in un nulla di fatto.

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