Il testamento biologico e i temi del fine vita

Il parlamento torna a discutere di fine vita con l’esame di un disegno di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento. Una materia sensibile e dalle numerose sfaccettature etiche. Vediamo i principali aspetti della questione.

Nelle scorse settimane un nuovo caso di cronaca ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica i temi del fine vita e delle volontà individuali per affrontare le fasi terminali di malattie invalidanti e in generale della propria esistenza.  

In passato a più riprese in parlamento sono stati avviati i lavori per regolare queste situazioni e colmare il vuoto legislativo sulla materia, ma nessun disegno di legge è stato mai approvato. Attualmente è all’esame della camera un testo unificato – Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento – già esaminato dalla commissione affari sociali. E in tutto sono 6 le bozze depositate in parlamento. 

Il 15 febbraio l’Istat ha pubblicato un’analisi delle malattie fisiche e mentali associate ai suicidi, contando cioè gli stati di malattia riscontrati in persone che hanno deciso di porre fine alla propria vita. Le statistiche sui decessi volontari di persone malate erano state sospese a partire dal 2010, ma l’anno scorso un gruppo di familiari ha lanciato un appello per chiederne il ripristino. E se da un lato non è possibile stabilire una relazione causale certa tra presenza della malattia e suicidio, dall’altro lato nell’analisi si specifica che i casi di comorbosità associati alla morte volontaria possono essere sottostimati. 

Dallo studio si apprende che tra 2011 e 2013 circa in un caso su cinque il suicidio è associato alla presenza di una o più malattie gravi , dunque di condizioni fisiche o psichiche talmente debilitate che potrebbero aver influenzato la scelta di morte. Si tratta di 2.401 casi su un totale di 12.877 suicidi.

E quando sul certificato di morte compare anche la menzione di una patologia, per una parte rilevante (quasi il 31%) si tratta di sole malattie fisiche – per la maggior parte tumori – mentre in oltre il 69% dei casi sul certificato di morte assieme al suicidio è riportata la presenza di una malattia mentale.

L’analisi Istat inoltre specifica che «la frequenza di stati morbosi rilevanti è più alta al crescere dell’età e nelle donne (la proporzione di suicidi con morbosità associata è del 27% nelle donne e del 16% negli uomini)». Quando è presente una malattia, si sceglie spesso di morire nel luogo stesso di cura, in particolar modo per chi ha una patologia fisica: in questo caso si ritrova menzionato un istituto, un hospice o una struttura residenziale in un caso su tre.

Il testo all’esame del parlamento norma il consenso informato, l’indicazione del fiduciario e le disposizioni anticipate di trattamento, più comunemente note come testamento biologico. Si tratta dei principali aspetti connessi al fine vita, ma non gli unici. Vale dunque la pena definire brevemente i temi più rilevanti del dibattito con i termini o le espressioni riferite a situazioni variamente normate nei paesi europei.

Di solito per eutanasia si intende l’azione o il mancato atto medico che procura la morte, allo scopo di alleviare le sofferenze di una persona malata. Si distingue in eutanasia attiva – quando deve essere compiuta un’azione concreta per indurre la morte – e passiva, quando il decesso è causato da un mancato intervento. Si tratta in ogni caso di uccisione di un soggetto consenziente. Il suicidio assistito consiste invece nel fornire medicinali idonei a una persona che così può porre fine alla propria vita autonomamente. Il testamento biologico è il documento con cui si registrano le proprie indicazioni di trattamento nel caso in futuro ci si trovi nella condizione di non poter più esprimere la propria volontà o venisse meno la propria capacità di intendere e comunicare, a causa di un incidente grave o per una malattia acuta e invalidante.

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