Anche i dirigenti pubblici devono dichiarare redditi e patrimoni

La buona notizia c’è, ma l’obiettivo è ancora nascosto dietro un percorso a ostacoli. Innanzi tutto i diretti interessati sono sul piede di guerra ed è atteso un pronunciamento del Tar. Inoltre diverse informazioni rimangono discrezionali e molto dipenderà da come queste verranno diffuse.

Anche i dirigenti della pubblica amministrazione dovranno dichiarare redditi e patrimoni . In realtà la questione è ora rimessa alla decisione del Tar del Lazio, a cui il sindacato dei dirigenti statali si è rivolto chiedendo l’immediata sospensione dell’obbligo di pubblicazione. E per alcune novità positive, va sottolineato che molti altri aspetti restano insoluti o in sospeso.

Il decreto legislativo 97/2016propagandato come il freedom of information act italiano – estende a tutti i dirigenti pubblici gli obblighi di trasparenza già previsti per i titolari di incarichi politici. L’art. 13 include infatti

«i titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione o di governo comunque denominati, salvo che siano attribuiti a titolo gratuito, e per i titolari di incarichi dirigenziali, a  qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione».

A partire da queste novità normative l’Autorità nazionale anticorruzione il 17 marzo ha diffuso le linee guida per le pubbliche amministrazioni interessate, che comprendono tutte le scuole di ogni ordine e grado, regioni, province e comuni, comunità montane e loro consorzi o associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e le loro associazioni, gli enti di servizio sanitario nazionale e altre ancora (si veda l’art. 1 comma 2 decreto legislativo 165/2001).

Sono esclusi coloro che non ricevono un pagamento per la loro attività, e in caso di dubbi l’Anac ha stilato un elenco esemplificativo dei dirigenti che dovranno dichiarare redditi e beni di proprietà. Sulla deroga per gli incarichi svolti a titolo gratuito l’Anac sottolinea risvolti negativi

«In questo modo è stata eliminata qualsiasi misura di trasparenza sui componenti degli organi di indirizzo. L’Autorità auspica che in sede di correttivo del d.lgs. 97/2016 si possa pervenire a una soluzione più meditata che consenta di rendere trasparenti almeno alcuni dei dati sopra menzionati»

Inoltre, secondo l’interpretazione dell’autorità, i titolari di incarichi politici nei comuni con meno di 15.000 abitanti sono tenuti a rendere noti solo i compensi per gli incarichi pubblici ma non altri redditi personali o i beni di proprietà (cioè sono tenuti a rispettare gli obblighi dalla lettera a alla d dell’art. 14 comma 1, decreto legislativo 33/2003).

La norma parla della diffusione degli “emolumenti complessivi”, e  l’Anac chiarisce che con questa espressione si intendono «gli stipendi e le altre voci di trattamento fondamentale, le indennità e le voci accessorie, nonché le eventuali remunerazioni per consulenze, incarichi aggiuntivi conferiti dalle amministrazioni pubbliche, anche diverse da quelle di appartenenza e dalle società partecipate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni».

Per gli inadempienti sono previste sanzioni pecuniarie da 500 a 10mila euro e la pubblicazione del provvedimento sul sito internet dell’amministrazione o dell’organismo interessato (art. 47 del decreto legislativo n. 33/2013).

Ma oltre ai redditi, i dirigenti pubblici dovranno dichiarare anche i loro patrimoni, ed è qui che hanno manifestato il loro malcontento. Tuttavia non è difficile capire che alcune di queste informazioni possono essere di grande rilevanza per la collettività: basti pensare alla parte su partecipazioni e incarichi in società. Da queste informazioni si possono desumere eventuali conflitti di interesse, per esempio. Ed è indubbio che da questo punto di vista sia conveniente controllare chi gestisce la cosa pubblica.

Un aspetto positivo è che l’Anac ha messo a punto un modello unico di dichiarazione, che dovrebbe evitare discrezionalità e varietà di utilizzo. Alcuni aspetti di confusione risultano più chiari rispetto ai moduli usati da deputati e senatori: per esempio nelle partecipazioni societarie vengono distinte quote e azioni. Ed è stato inserito un apposito spazio per la titolarità di imprese.

Tuttavia continuano a mancare alcuni dettagli fondamentali: per esempio non è richiesto di indicare il settore in cui opera la società di cui si partecipa o che si amministra; non è richiesto il valore economico di quote o azioni di proprietà, né di esplicitare la struttura societaria (se si tratta di spa, srl, sas, scarl eccetera). Nessuna indicazione va inoltre nella direzione di un obbligo di pubblicare la dichiarazione dei redditi completa. Mentre la diffusione di informazioni sul coniuge o altri familiari rimane discrezionale. O ancora, sulla proprietà degli immobili non è richiesto di specificare la rendita catastale, per esempio.

Ma l’aspetto ancora più importante è che non sono stati definiti formati e modalità di presentazione delle dichiarazioni : i moduli potranno essere ancora compilati a mano, finendo per essere spesso illeggibili o incomprensibili? Saranno resi pubblici finalmente in formati informatici, o saranno ancora diffusi dei pdf, spesso scansionati male e inutilizzabili? Per poter parlare di trasparenza è cruciale che si possa realizzare un monitoraggio concreto e che l’analisi dei documenti possa essere informatizzata .

Inoltre secondo le linee guida le dichiarazioni patrimoniali andranno pubblicate nelle sezioni “amministrazione trasparente” dei siti istituzionali. Tuttavia questo non basta a garantire che non finiscano dislocati in sottosezioni raggiungibili dopo una lunga trafila di click all’interno di percorsi che agevolano solo la dispersione degli utenti.

Se i documenti non saranno in formati open data, o quanto meno informatici in senso lato, non sarà infatti possibile osservarli e analizzarli in modo sistematico. E così l’ennesima operazione di trasparenza sarà banalizzata e ridotta al controllo una tantum delle proprietà del singolo. Ed è evidente che l’interesse pubblico sta in altro.

Per approfondire: