Il welfare italiano fa ancora poco per giovani, lavoratori e famiglie

Negli ultimi 10 anni sono emerse forme di povertà in parte nuove, che godono di tutele ancora troppo scarse. Il grosso delle risorse è infatti concentrato sulle pensioni: al netto della sanità, il 78,5% della spesa per protezione sociale è destinato ad anziani e superstiti.

La spesa sociale, al netto di quella sanitaria, costituisce una quota importante della spesa pubblica in tutti i paesi europei, impegnando quasi un quinto del prodotto interno lordo dell’Unione (19,5%). Nella classifica Ue il nostro paese non si piazza male: l’Italia si trova sopra questa media, al quinto posto tra i 28 stati (21,4% del pil, pari a circa 346 miliardi di euro). Ai primi posti ci sono Finlandia (25,4%), Francia (24,8%) e Danimarca (24,5%). Le ultime posizioni spettano invece a Lettonia, Lituania (entrambe all’11,5%) e Romania (11,4%).

Ma nonostante una quota consistente di spesa in protezione sociale, il nostro welfare potrebbe fare di più per ridurre l’indigenza. Senza le erogazioni sociali (pensioni, assegni familiari, trattamenti di disoccupazione) si troverebbe a rischio povertà quasi un italiano su due (45,8%) in base ai dati Eurostat relativi al 2014. Dopo l’intervento dello stato sociale, i residenti in Italia a rischio povertà sono il 19,4% della popolazione: una riduzione di oltre 26 punti percentuali. Un risultato inferiore ad altri paesi che partono da un livello di povertà simile al nostro prima dei trasferimenti sociali, come la Francia (-31 punti percentuali), la Finlandia (-30,5), la Svezia (-28,9). Risultato: nella classifica della capacità di ridurre il rischio povertà l’Italia è 17esima su 28 stati.

Ma perché il welfare italiano, comunque importante, sulla povertà non riesce a essere efficace come quello di altri paesi? La ragione è che negli ultimi dieci anni sono emerse forme di povertà in parte nuove, che coinvolgono giovani, famiglie e lavoratori precari, ma che godono ancora di poche tutele e sostegni.

Se si guarda alla composizione della spesa sociale nei maggiori paesi europei, questo aspetto emerge in modo nitido.

Le prestazioni del welfare italiano sono in gran parte concentrate sulle pensioni di anzianità, vecchiaia e reversibilità. Al netto delle spese sanitarie, il 78,5% della spesa per protezione sociale è destinato ad anziani e superstiti, mentre negli altri maggiori paesi europei si oscilla tra il 50 e il 66%. La quota di spesa destinata alle famiglie, ai bambini e al diritto alla casa supera la doppia cifra negli altri stati europei, mentre da noi è ferma al 6,5%. Discorso analogo per la tutela dalla disoccupazione e dal rischio esclusione sociale.

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