Il mancato rispetto dei programmi di aiuto allo sviluppo

Il confronto tra programmazione e realtà non regge. Ufficialmente, infatti, il nostro paese si impegna a intervenire in settori quali l’agricoltura, l’aiuto umanitario, la salute. Ma i dati mostrano che a queste attività finiscono quasi solo le briciole.

Nel documento di programmazione 2015-2017, oltre ai paesi, sono state fissate anche le attività a cui dare una precedenza negli investimenti per l’aiuto allo sviluppo. Tra queste figurano l’agricoltura, l’aiuto umanitario, l’istruzione e la salute. Andando però a verificare la distribuzione dei fondi 2015, emerge che alle attività definite come prioritarie è andato, in totale, il 19,30% delle risorse.

E in effetti alla voce “agricoltura, silvicoltura e pesca” è stato destinato il 4,51% dei fondi, e rispettivamente a salute e educazione sono andati al massimo il 4,58% e il 5,25%. Mentre l’insieme delle voci riconducibili all’aiuto umanitario hanno ottenuto un 4,95% delle risorse.

Voci che invece non hanno nessun rilievo nella programmazione ufficiale assorbono parti consistenti del budget; per esempio la voce “altre spese nel paese donatore”, in cui rientra la spesa per i rifugiati, prende il 53,19% dei fondi bilaterali.

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L’80,70% delle risorse bilaterali è stato dunque destinato ad attività non definite come prioritarie.

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