La contesa tra socialisti e popolari per la presidenza del parlamento Ue

Con la rinuncia di Martin Schulz a ricandidarsi alla presidenza dell’europarlamento si riapre la partita delle nomine in Europa. Gianni Pittella è il candidato del partito socialista, ma anche i popolari vorrebbero un loro rappresentante al vertice del parlamento.

Vari esponenti popolari (Ppe) hanno ricordato che, secondo un accordo stipulato con i socialisti (S&d) a inizio legislatura, nel 2017 la poltrona di presidente del parlamento sarebbe dovuta andare al Ppe.

Tuttavia Pittella, attualmente presidente del gruppo parlamentare socialista, non sembra voler rinunciare alla sua candidatura. A suo parere, infatti, è inconcepibile che i tre vertici dell’Unione europea (presidente della commissione, presidente del consiglio europeo, presidente del parlamento europeo) siano tutti in mano al partito popolare. Questo a maggior ragione se si considera il piccolo margine di vantaggio del Ppe sui socialisti in parlamento.

 

Oggi il funzionamento delle istituzioni europee poggia su un’intesa tra socialisti e popolari, e per questo è molto importante capire se raggiungeranno un’accordo.

Con le elezioni del 2014, le prime dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il parlamento è diventato fondamentale nella nomina del Presidente della Commissione europea. Infatti, secondo i nuovi trattati, il presidente della commissione deve essere proposto dal consiglio europeo «tenendo conto del risul­tato delle ele­zioni», per poi essere eletto dal parlamento.

I due principali partiti europei hanno quindi deciso che il presidente sarebbe stato espressione della forza politica uscita vincitrice dalle elezioni, anche se con una maggioranza relativa. Infatti l’elezione di Juncker (Ppe) è stata sostenuta in parlamento anche dal gruppo socialista.

Una volta eletto il presidente della commissione, nel luglio del 2014, restavano altre due nomine per rinnovare completamente i vertici dell’Unione: quella del presidente del parlamento, da eleggere a gennaio, e quella del presidente del consiglio europeo, in scadenza a giugno 2015.

All’inizio della legislatura, per decidere queste nomine, è stato concluso un accordo tra le due principali famiglie politiche europee. Il contenuto di questo accordo è tuttora in buona parte riservato ma è certo che l’elezione di Martin Schulz alla presidenza del parlamento europeo fosse condizionata a una sua rinuncia a ricandidarsi una volta scaduto il suo mandato. Al suo posto sarebbe dovuto andare un esponente del partito popolare europeo.

Per questo la candidatura di Pittella ha provocato diverse reazioni nel Ppe. Tuttavia stando ad alcune indiscrezioni rimaste anonime, il patto tra i due gruppi sarebbe già stato violato dal partito popolare, con la nomina di Donald Tusk alla presidenza del consiglio europeo, ed è quindi per questo che i socialisti non intendono più tenerne conto.

Inoltre, stando alle sue dichiarazioni, la posizione di Pittella sembra piuttosto critica nei confronti della collaborazione tra popolari e socialisti. In questo il nuovo candidato socialista appare in discontinuità con la presidenza di Martin Schulz, noto per i suoi rapporti amichevoli con l’attuale presidente della commissione.

Senza un accordo con il partito popolare sarà comunque difficile per il partito socialista eleggere il presidente. Infatti anche sommando ai voti socialisti quelli della sinistra (Gue/Ngl), dei Verdi e dei liberali (Alde) si arriva a 360 voti, 16 in meno della maggioranza assoluta. Alcuni di questi gruppi, inoltre, hanno proposto un loro candidato, e altri parlamentari hanno presentato la loro candidatura in maniera indipendente.

A complicare la situazione si inserisce anche l’appartenenza nazionale che, oltre alla differenza tra gruppi politici, è un elemento spesso determinante rispetto alle nomine nelle istituzioni europee.

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