Pensione dei parlamentari, la variabile che non ti aspetti nel post referendum

Ogni volta che ci si avvicina a un voto politico entra in campo la questione dei vitalizi. In un parlamento per lo più composto da “matricole” la soglia dei 5 anni di mandato è lontana per molti. C’è da sperare che non sia un fattore determinante nelle vicende dell’immediato futuro.  

Il voto di domenica ha destabilizzato l’ambiente politico italiano. Dopo oltre due anni di governo il premier Matteo Renzi ha deciso di lasciare la guida dell’esecutivo. Al momento sembrano tre le alternative per il prossimo futuro: un governo tecnico fino a fine legislatura; un governo di scopo che approvi una nuova legge elettorale e dia il via libera a nuove elezioni; oppure il voto anticipato. Queste ultime due possibilità aprono la partita dei vitalizi.

Dal primo gennaio 2012 è stato introdotto anche per i parlamentari, come per il resto dei dipendenti pubblici, un trattamento previdenziale basato sul sistema di calcolo contributivo. I requisiti per accedervi sono gli stessi sia alla camera che al senato:

I deputati cessati dal mandato, indipendentemente dall’inizio del mandato medesimo, conseguono il diritto alla pensione al compimento dei 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi. Per ogni anno di mandato ulteriore, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è diminuita di un anno, con il limite all’età di 60 anni.

Come analizzato a inizio legislatura nel MiniDossier “Tre poli contrapposti“, le politiche del 2013 hanno portato un forte ricambio tra i banchi di Montecitorio e Palazzo Madama. Il 64% dei parlamentari, infatti, non ha preso parte alla legislatura precedente e il 39% è al suo primo incarico pubblico. Questo aspetto ha delle ricadute dirette sugli eletti che non ha ancora maturato il diritto alla pensione futura da parlamentare, e che, qualora si andasse al voto anticipato, vedrebbe svanire questa conquista, almeno per il momento. A oggi si tratta di 403 deputati (63,96%) e 193 senatori (61,27%) in carica.
Il 63,63% dei gruppi alla camera è composto da deputati che devono ancora maturare il diritto alla pensione da parlamentare. In cima alla classifica il Movimento 5 stelle, composto interamente da neo-eletti, e due dei tre gruppi nati dall’esplosione di Scelta civica: Civici e innovatori (100% ancora senza vitalizio) e Democrazia solidale-Centro democratico (92%). Molti anche i deputati all’interno del Partito democratico (64%) che dovrebbero aspettare ancora, la maggior parte fino alla fine naturale della legislatura, per avere la possibilità di accedere alla pensione.

Numeri analoghi a Palazzo Madama, dove il 50% dei gruppi è composto per la maggior parte da senatori che devono ancora maturare il diritto alla pensione . In cima alla classifica il Movimento 5 stelle (100%), il gruppo Misto (75%) e il Partito democratico (64%). In entrambi i rami Forza Italia, Area popolare e Lega nord, composti per lo più da parlamentari di lungo corso, presentano una percentuale bassa di membri che avrebbero conseguenze da una fine anticipata della legislatura, poiché la maggior parte dei rispettivi esponenti ne ha già maturato il diritto.

Si spera ovviamente che questi elementi non influiscano sulla via da percorrere nel futuro immediato del paese. Tuttavia la questione è di certo sul tavolo, e si può considerare una delle tante (tantissime) variabili che in questo momento contribuiscono alle dichiarazioni di chi siede in parlamento.

Per approfondire: