I costi di indennità e rimborsi regionali – speciale referendum

La riforma Boschi elimina i rimborsi ai gruppi dei consigli regionali e pone un limite agli emolumenti dei consiglieri. Tuttavia quest’ultima misura varrebbe solo per le regioni a statuto ordinario ed è formulata in modo così vago da rendere impossibile stimarne i risparmi. 

La riforma costituzionale su cui si voterà il 4 dicembre prevede due misure che potrebbero comportare una riduzione delle spese per gli organi politici delle regioni:

  • l’eliminazione dei rimborsi ai gruppi politici nei consigli regionali;
  • il tetto agli emolumenti dei consiglieri regionali, che coincideranno con la cifra spettante al sindaco del comune capoluogo della regione.

Proviamo a vedere quante economie queste misure potrebbero produrre se approvate nel nostro ordinamento costituzionale. La norma che abolisce i rimborsi ai gruppi nei consigli regionali è il comma 2 dell’articolo 40 della riforma, che recita:

«Non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali».

Questa indicazione si applica a tutte le regioni italiane – sia a statuto ordinario sia speciale – ed è immediatamente operativa

Possiamo stimare il risparmio in base alle erogazioni annuali dei consigli regionali per i gruppi. Nel 2014 questa cifra era di quasi 32 milioni di euro, assegnati per spese di funzionamento e per il personale, come emerge dai rendiconti dei gruppi. Questo risparmio si può dare per certo, visto che divieto di corrispondere somme ai gruppi consiliari sarebbe di immediata attuazione.

Invece per il limite alle indennità dei consiglieri, la stima è molto più incerta. Secondo il nuovo articolo 122 della costituzione:

«(…) con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi e i relativi emolumenti [dei consiglieri regionali, ndr] nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. (…)»

Questa norma imporrebbe due innovazioni:

  • le indennità verrebbero stabilite con legge dello stato e non delle singole regioni;
  • e avrebbero un tetto (un consigliere regionale non potrebbe prendere di più di un sindaco del comune capoluogo della regione).

Tuttavia questa norma, a differenza dei rimborsi, vale solo per le regioni a statuto ordinario. È uno degli ultimi articoli della riforma Boschi a stabilirlo: l’articolo 39 al comma 13  prescrive che le disposizioni del Capo IV della legge (tra cui rientra anche la modifica dell’articolo 122) non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano fino all’adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime.

Per come è scritta la norma è difficile stimarne l’eventuale risparmio. L’articolo parla di emolumenti dei consiglieri regionali, i quali oggi ricevono un trattamento economico composto da tre voci:

  • indennità di carica: il trattamento base, uguale per tutti i consiglieri ma variabile a seconda delle regioni tra i 5.000 e gli 8.000 euro;
  • indennità di funzione: una somma variabile in base allo specifico incarico ricoperto dal consigliere – per esempio presidente o vicepresidente di commissione, presidente del consiglio – in alcune regioni può aggiungere fino a 2.700 euro;
  • rimborsi spese per l’esercizio del mandato: ciascuna regione fissa un limite massimo ai rimborsi spesa erogabili al mese: fino a 3.500 euro in Piemonte, 4.218 in Lombardia, 6.000 in Calabria eccetera.

Ai sindaci invece spetta un’indennità variabile in funzione della dimensione demografica del comune, per esempio nei maggiori capoluoghi di regione hanno diritto ad un’indennità di circa 7.800 euro lordi ridotti dalla legge 122/2010 a 7.018,65 euro mensili.

Tutto ciò rende complesso calcolare il potenziale risparmio. Tutto dipende da cosa si intende per “emolumenti”. Se si intendono le sole indennità di carica, diverse regioni – soprattutto quelle più grandi come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna – si trovano già sotto il tetto stabilito dalla riforma. Se vi si comprende l’indennità di funzione il risparmio sarà più consistente per chi ricopre cariche apicali (il presidente di consiglio, di commissione) ma minimo o nullo per i consiglieri senza altri incarichi.

Ma senza sapere se il tetto comprenderà anche i rimborsi è impossibile stimare il risparmio generato dall’applicazione della norma. Se il tetto valesse solo per le indennità, potrebbe essere aggirato innalzando la cifra erogabile per i rimborsi spese nell’esercizio del mandato.

Per approfondire: