Il sovraffollamento carcerario in vent’anni

Dalle amnistie della prima repubblica, passando per indultini e svuota-carceri, fino ai provvedimenti più recenti per riportare a livelli accettabili il numero di detenuti nelle strutture. La situazione è migliorata, ma restano alcuni punti critici: circa 2/3 delle carceri sono troppo stipate.

Per decenni, durante la prima repubblica, la politica ha risolto il problema del sovraffollamento delle carceri con periodici provvedimenti di clemenza. In media quasi ogni due anni veniva approvata una legge di indulto e amnistia. Una soluzione piuttosto rapida, a cui i governi in carica facevano ampio ricorso.

Ma dal 1992, una legge costituzionale (l.c. 1/92) ha stabilito che:

<<L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale>>

Questa riforma ha avuto effetti rilevanti. Fino ad allora era sufficiente la maggioranza di governo per far passare i provvedimenti di clemenza. La necessità di una maggioranza rafforzata (superiore a quella necessaria per eleggere il capo dello stato dopo il terzo scrutinio) ha reso politicamente impraticabile la soluzione che fino ad allora il legislatore aveva preferito per svuotare le carceri.

Ciò ha prodotto una crescita quasi costante della popolazione carceraria. Nel 1991, un anno dopo l’ultima amnistia della storia repubblicana (legge 75/1990), i detenuti erano 35.469; l’anno successivo 47.316; dieci anni dopo oltre 55mila.

16

Preso atto di una situazione difficilmente governabile, nel 2003 l’allora governo Berlusconi vara il cosiddetto “indultino” (legge 207/93): vengono sospesi fino a due anni di pena detentiva ai condannati che ne abbiano scontata almeno la metà. Né questa legge, né il successivo indulto – votato dai due terzi del parlamento nel 2006 – hanno contribuito a risolvere definitivamente la situazione.

Nel 2006 la popolazione carceraria crolla da 59mila a 39mila detenuti. Per la prima volta in quindici anni il sistema penitenziario italiano presenta numeri da paese civile: 89% di affollamento (ovvero 89 detenuti per 100 posti letto disponibili). Ma già nel 2008 i detenuti tornano a essere quelli del 2006: 58mila. L’emergenza carceri non è terminata.

Forse anche da questa consapevolezza, si delinea una nuova duplice strategia per tamponare il sovraffollamento che ha ormai raggiunto il 150%. Da un lato la costruzione di nuove carceri e ampliamento delle esistenti, con il piano Alfano-Matteoli del 2008 e quelli dei governi successivi. Dall’altro, ampliare la possibilità di detenzione domiciliare al posto della carcerazione.

La legge 199 del 2010 va in questa direzione: i condannati con pena (anche residua) non superiore ai 18 mesi possono scontarla ai domiciliari anziché in carcere. Inizialmente misura straordinaria con scadenza al 31 dicembre 2013, è stata resa definitiva con il decreto legge 146/13. Quello stesso anno era intervenuta la sentenza Torreggiani, che ha condannato l’Italia per trattamenti inumani verso i detenuti, e ha obbligato lo stato – entro un anno – a introdurre nell’ordinamento dei meccanismi di tutela verso i carcerati. Con lo stesso decreto è stato istituito il garante per i diritti dei detenuti, mentre l’anno successivo il decreto legge 92/14 ha previsto dei risarcimenti in caso di trattamenti non conformi agli standard umanitari.

Ha contribuito alla riduzione della popolazione carceraria la sentenza della corte costituzionale che nel febbraio del 2014 ha dichiarato l’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti. La sentenza ha ripristinato la precedente normativa, più favorevole per i condannati, che hanno potuto usufruire di un ricalcolo delle pene.

Si tratta di provvedimenti e sentenze che hanno riportato le statistiche verso numeri più simili a quelli di un paese civile. Ma sarebbe sbagliato pensare che il problema sia completamente risolto: ancora nel 2016 sono circa due terzi gli istituti penitenziari che ospitano più carcerati di quanti potrebbero.

 

Per approfondimenti: