Rigidità della spesa, quando il sindaco ha le “mani legate”

Ogni comune ha delle spese obbligate, come quelle per il personale e per il rimborso dei prestiti. Più queste sono alte, minore è la possibilità per i sindaci di incidere sulla spesa pubblica. Vediamo tra le maggiori città quali sono quelle con la spesa più rigida.

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Fare il sindaco, notoriamente, non è un mestiere semplice. Occuparsi della propria comunità comporta responsabilità e scelte, specie nell’allocazione delle risorse presenti in bilancio. Decidere quali sono le priorità, in quali settori investire, chi tassare in misura maggiore rientra tra le competenze dell’amministrazione comunale eletta dai cittadini ogni cinque anni.

A fine mandato, gli elettori decideranno con le urne se il sindaco e la sua maggioranza hanno operato le scelte giuste. Quello che spesso non viene sottolineato è che non tutti i sindaci hanno la stessa libertà di manovra.

Ci sono infatti delle spese fisse su cui chi è chiamato a governare non può intervenire, almeno nel breve periodo. Due tra tutte: la spesa per il personale e quella per il rimborso prestiti. Si tratta di spese rigide, su cui nessun sindaco – a prescindere dal colore politico – può intervenire se non con tempi lunghi.

Quanto maggiore è il peso di queste spese sul bilancio comunale, tanto più il sindaco avrà le “mani legate” quando si troverà a decidere su quali capitoli investire. Per misurare quali sono le città in cui i sindaci hanno il minore margine di manovra sulle spese, si può ricorrere a un indicatore presente su openbilanci.it, chiamato “rigidità della spesa”. Quest’indicatore misura quanto pesano le spese per rimborso prestiti e per il personale rispetto alle entrate correnti del bilancio comunale. Il valore è espresso in percentuale: più è alto, più quel comune ha una spesa rigida, e quindi minori sono le possibilità di intervento dei sindaci eletti.

Vediamo quali tra le città italiane con più di 200mila abitanti presenta la spesa più rigida.

Per il 2014, ultimo anno disponibile, Torino è prima in classifica con il 51%. Secondo e terzo posto per Palermo e Napoli, con rispettivamente il 45% e il 40%. Seguono Catania (quarta, 40%), Bologna (quinto posto, 38%), Genova (sesta, 36%), Trieste (settima, 35%), Firenze (ottava, 35%) e Verona, al nono posto con 30%. Agli ultimi posti della classifica troviamo Padova (29%), Milano (29%), Venezia (27%) e Bari (27%). La percentuale minore tra le città con oltre 200mila abitanti è quella di Roma (25%).

 

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