Cari politici, pubblicate i documenti ufficiali

Solo una minoranza di deputati e senatori allega la dichiarazione elettorale depositata presso il collegio regionale di garanzia elettorale. E alle recenti elezioni amministrative i candidati hanno per lo più diffuso contenuti informali sul loro conto. Perché?

Sembra sia diffusa, tra i politici italiani, una sorta di confusione tra trasparenza e autocertificazione. Il rendiconto dei soldi ricevuti e spesi per fare campagna elettorale, che deve essere reso pubblico per legge, spesso corrisponde a semplici appunti non dettagliati, non datati, non circostanziati, a volte persino incomprensibili. Raramente i parlamentari scelgono di diffondere il documento ufficiale che sono tenuti a depositare presso il collegio regionale di garanzia elettorale. Per l’esattezza lo fanno in 369, il 57% di un gruppo già ristretto di politici, cioè quanti presentano una dichiarazione elettorale. Nonostante l’obbligo di legge, infatti, solo il 68% di deputati e senatori diffonde informazioni sulle finanze utilizzate per promuovere la propria campagna elettorale. Su 647 che hanno presentato la dichiarazione elettorale, 369 sono quelli che hanno allegato i documenti ufficiali. Una minoranza, dunque, che non si limita agli appunti ma mostra quello che ufficialmente ha depositato presso gli uffici competenti.

Una cosa molto simile è successa nelle ultime settimane. Durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative non si è visto un solo certificato del casellario giudiziale dei candidati, pochi i curriculum (ma tante note biografiche, che sono una cosa ben diversa), la dichiarazioni dei redditi quasi solo di chi doveva pubblicarla per forza in quanto già titolare di incarichi pubblici – e anche in questi casi non erano mai messe a disposizione accanto ai programmi elettorali, ma bisognava andarsele a cercare sui siti istituzionali. Rarissime, e sempre avare di dettagli, anche le informazioni sui finanziatori da cui prendevano soldi e su come questi venivano spesi.

Al massimo i politici che si sono dichiarati favorevoli all’apertura delle informazioni nei confronti dei cittadini hanno praticato questo principio attraverso la loro parola. Conflitti di interesse? Nessuno. Procedimenti penali pendenti? Nessuno.

Ma se possiamo già fidarci sulla parola, perché non mostrare i documenti ufficiali?

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