Torino, +31,82% di pressione fiscale in dieci anni

Tra 2005 e 2014 la pressione fiscale pro capite a Torino è cresciuta considerevolmente. Ma più per un livellamento verso l’alto del fisco comunale dovuto alle manovre finanziarie nazionali, che alle scelte dei sindaci eletti. 

Tra gli abitanti delle 4 città più grandi d’Italia, i torinesi nel 2005 erano secondi per imposte e tasse pro capite riscosse dal comune: 695,34 euro a testa. Dieci anni dopo, nel 2014, mantengono il secondo posto, ma con un esborso molto più consistente: 916,60 euro pro capite.

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Il trend della città torinese si inserisce nella dinamica nazionale, per cui le tasse pagate dai cittadini al loro comune dipendono più dalle scelte del governo centrale che da quelle del sindaco in carica. Così, negli anni dell’abolizione dell’ici sulla prima casa, la pressione fiscale scende fino a toccare i 449,97 euro pro capite nel 2009. Risale dopo l’introduzione dell’imu da parte del governo Monti, attestandosi dapprima attorno agli 800 euro, per poi sfondare il tetto dei 900 euro nell’ultimo anno della rilevazione.

Se aggreghiamo i dati per sindaco, Fassino sconta il fatto di aver governato in un momento storico di inasprimento della pressione fiscale. Per questo con Chiamparino (anni 2005-10) i torinesi pagavano una media di 540,81 euro annui a persona, mentre con il sindaco attualmente in carica la cifra sale a 834,08 euro pro capite. Diminuisce invece la differenza con le altre città sopra il mezzo milione di abitanti: negli anni di Chiamparino gli abitanti del capoluogo piemontese pagavano il 14,89% in più rispetto al cluster, mentre in quelli di Fassino la differenza si è ridotta allo 0,76%.

In generale, affrontando il tema della pressione fiscale, è dunque emerso che i margini di manovra dei sindaci si sono ridotti per contribuire al risanamento dei conti pubblici.

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