Quando il parlamento sfiducia un ministro, o almeno ci prova

E’ successo solo una volta che una mozione di sfiducia presentata nei confronti di un ministro andasse a buon fine. Era il 1995 e l’allora ministro della giustizia Mancuso veniva messo alla porta dal suo stesso governo. Da allora, però, i tentativi sono parecchio aumentati.  

Per anni si era discusso se fosse costituzionale o meno sfiduciare un singolo ministro, e dopo il caso Andreotti nel 1984 si è dato il via libera alla fantasia dei nostri eletti. Con l’introduzione di questo strumento nei regolamenti di camera e senato, il suo utilizzo da parte dei membri del parlamento ha avuto un’impennata.

Nelle prime 15 legislature deputati e senatori hanno votato una dozzina di mozioni di sfiducia nei confronti di singoli ministri, di cui solamente una andata a buon fine. Ma nella XVI e XVII è certamente aumentato il ricorso allo strumento. Nella scorsa legislatura i voti sono stati quattro: nel dicembre nel 2010 l’opposizione (Partito democratico) presentava una mozione contro il governo; pochi mesi dopo, nel gennaio del 2011, è la volta del ministro dei beni culturali Sandro Bondi; nel settembre dello stesso anno la vittima prescelta fu Francesco Saverio Romano, a capo del dicastero delle politiche agricole; e infine, con il cambio di governo, Lega nord e Italia dei valori presentano una mozione contro il ministro del lavoro Elsa Fornero. Come noto, nessuna delle azioni portate avanti è andata a buon fine.

Con le elezioni del 2013 inizia la XVII Legislatura, che ha visto il susseguirsi, fino ad oggi, di due governi differenti. Anche durante l’attuale legislatura le mozioni di sfiducia presentate sono state quattro: nel luglio del 2013, pochi mesi dopo l’insediamento dell’esecutivo Letta, con il caso Shalabayeava, il Movimento 5 stelle propone il voto contro il ministro e vice premier Angelino Alfano; nel novembre dello stesso anno è il ministro della giustizia Annamaria Cancellieri ad essere sotto tiro; a novembre del 2014, ormai nell’era Renzi, ancora una volta è il ministro Alfano al centro delle polemiche per gli scontri tra i lavoratori Ast di Terni e le forze dell’ordine; l’ultimo caso in ordine di tempo ha visto protagonista la ministra per i rapporti con il parlamento Maria Elena Boschi, al centro del polverone banca Etruria.

Nonostante la recente impennata nei numeri, ad oggi Filippo Mancuso rimane l’unico ministro della storia repubblicana ad essere stato sfiduciato dal parlamento. Volendo allargare la questione a tutta la squadra di governo, includendo anche sottosegretari e vice ministri, non si può non menzionare il caso di Nicola Cosentino. Sottosegretario all’economia nel IV governo Berlusconi, dopo tre mozioni di sfiducia non andate a buon fine nei suoi confronti nell’ottobre del 2009, prima della quarta nel luglio del 2010, si dimise per evitare di aspettare l’esito del voto.

È evidente che in un contesto politico sempre più caldo e instabile, deputati e senatori si sentono quasi in dovere di mettere il bastone fra le ruote dei ministri presentando mozioni di sfiducia nei loro confronti. Questo da un lato ci ha abituato a un dibattito politico acceso, dall’altro ci conferma la difficoltà, per quanto comprensibile, da parte dell’opposizione di portare a termine le proprie battaglie. Ad oggi, infatti, l’unico caso di successo ha visto l’azione decisiva della maggioranza, artefice essa stessa della mozione in questione.

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