I soldi delle campagne elettorali. Quanti pubblicano il rendiconto economico?

I titolari di cariche elettive devono pubblicare per legge un rendiconto economico dei soldi ricevuti come contributi e delle risorse spese per fare campagna elettorale. L’obbligo vale anche se non c’è stato alcun movimento economico. Ma l’opacità regna sovrana.

Come vengono finanziate le campagne elettorali? Quanti soldi si spendono e da dove vengono? Ad oggi è impossibile rispondere o anche ricostruire queste informazioni. Tutti, con rarissime eccezioni, scelgono di coprire i nomi dei finanziatori e spesso anche la natura della fonte (se si tratta di privati, aziende o altri soggetti giuridici). Ma è molto difficile fare luce anche solo sulle cifre: quanto costano le campagne elettorali? A quanto ammontano i contributi ricevuti? In quali attività vengono spese le risorse a disposizione? Nonostante gli obblighi di trasparenza, alcuni coprono parte o il totale dei contributi ricevuti, molti scelgono arbitrariamente cosa pubblicare (per esempio allegano il foglio delle spese ma non quello delle entrate o viceversa), altri ancora si limitano a pubblicare appunti generici, senza includere gli estratti dei conti correnti utilizzati. E ancora: non c’è nessuna sistematicità nell’indicazione delle coperture dei disavanzi o della destinazione degli attivi (le cifre avanzate al netto delle spese). I metodi di rendicontazione sono molto eterogenei: risultano in circolazione diversi moduli da depositare al collegio regionale di garanzia elettorale, i candidati in più circoscrizioni depositano in molti casi un solo rendiconto (per altro senza specificare se relativo alla sola circoscrizione di elezione o se totale), ma alcuni diffondono rendiconti separati. E nonostante i resoconti economici delle campagne elettorali vadano depositati insieme al resto della dichiarazione patrimoniale entro tre mesi dalla proclamazione, non mancano esempi di relazioni aggiunte a posteriori e a distanza di tempo, lasciando così emergere la mancanza di controllo della completezza del materiale fornito.

Data la difformità delle informazioni a disposizione, considerata la frammentarietà dei dati pubblicati, l’eterogeneità dei modelli e l’arbitrarietà di quello che viene diffuso o anche dei tempi di pubblicazione, è molto difficile entrare nel merito delle campagne elettorali e delle connessioni tra politica e interessi economici.

A tutto ciò si aggiunge l’inadempienza degli obblighi di legge. La pubblicazione del rendiconto economico delle campagne elettorali dei singoli è previsto dalla legge 441 del 1982. Se il politico non ha avuto né spese né contributi deve comunque presentare la dichiarazione dove risulterà “zero” alle voci di entrate e di uscita. Il 31% dei politici nazionali non ha presentato i documenti sui movimenti economici generati per la campagna elettorale.  E ben 266 politici dichiarano di non aver avuto né spese né contributi per la loro campagna elettorale. 

Sul totale dei parlamentari osservati, il 68,47% pubblica la dichiarazione elettorale, e di questi solo il 40% dichiara un qualche movimento economico. In termini assoluti sono solo 381 i politici nazionali che hanno sostenuto una qualche spesa per le attività di propaganda oppure hanno ricevuto contributi. Viste queste cifre è lecito chiedersi se tutto ciò sia possibile.

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