Cooperazione allo sviluppo, Italia sempre più lontana dall’obiettivo Onu

L’Onu richiede ai paesi donatori di investire lo 0,7% del proprio reddito nazionale lordo in cooperazione allo sviluppo, l’Italia è ferma allo 0,16%. Dato costantemente in calo dal 2005, passando da 4,5mld l’anno agli attuali 2,9.

Negli anni ‘70 le Nazioni Unite hanno stabilito che ogni paese dovesse destinare lo 0,7% del reddito nazionale lordo agli aiuti per lo sviluppo.  Il reddito nazionale lordo, a differenza del prodotto interno lordo, considera tutti i redditi percepiti dai cittadini del Paese. Non importa se questi redditi siano stati percepiti operando all’interno del Paese oppure all’estero. Quello che conta è che i fattori produttivi siano di proprietà di cittadini nazionali.

Obiettivo specialmente stringente per i paesi membri del DAC, lo Development Assistance Committee, comitato Ocse per l’aiuto pubblico allo sviluppo e composto maggiori donatori al mondo. Fra i 28 paesi DAC guida la Svezia, che nel 2014 ha raggiunto quota 1,1%.  Oltre al paese scandinavo solamente altri quattro avevano i conti in regola, superando o raggiungendo la soglia Onu dello 0,7%: Lussemburgo, Norvegia, Danimarca e Regno Unito.

Per quanto riguarda il nostro paese la situazione non è delle migliori. Rispetto al 2005, primo anno considerato, l’Italia è passata dallo spendere lo 0,29% del proprio reddito nazionale lordo in cooperazione, allo 0,16%. Ad oggi solamente sette paesi DAC fanno peggio di noi: Spagna, Corea, Slovenia, Repubblica Ceca, Grecia, Polonia e Slovacchia.

Guardando il dato in spesa assoluta, nel 2005 l’Italia spendeva 4,5mld in aiuti allo sviluppo, mentre oggi solamente 2,9mld. 

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